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domenica 15 dicembre 2013

ALL IS LOST - TUTTO È PERDUTO: RECENSIONE

Postato anche su Four Magazine... 


All is lost – Tutto è perduto di J.C. Chandor è un tipico film sulla sopravvivenza, interpretato da un unico protagonista, l’eccezionale Robert Redford. La pellicola, presentata fuori concorso al Torino Film Festival 2013, ma già passata da Cannes, racconta la storia di un uomo che sta viaggiando in solitario lungo l’Oceano Indiano e che al risveglio scopre che lo scafo su cui sta navigando ha urtato un container mobile alla deriva e imbarca acqua. Senza più possibilità di mettersi in contatto con la terraferma, perché tutte le apparecchiature sono state distrutte dall’acqua salata, l’uomo cerca di riparare il danno della barca, prima di finire nel bel mezzo di una tormenta che danneggerà definitivamente lo yacht.
Si pensa subito a film come Cast Away mentre si sta osservando All is lost, anche se il regista decide di non far approdare il suo protagonista su isole deserte, ma lo abbandona in mezzo a una immensa distesa di acqua, senza nessuno con cui parlare. Il film è sostanzialmente muto e va avanti grazie a un montaggio perfetto e a una colonna sonora dal ritmo incalzante e afflitto. All is lost è un film angosciante, che fa stare male chi lo vede perché si è talmente coinvolti nella storia e nella drammatica vicenda del personaggio che sembra quasi di vivere sulla propria pelle tutte le disgrazie che accadono. Eppure quello che Robert Redford porta sullo schermo è un uomo serio, pacato, determinato a sopravvivere. Il film è ovviamente girato in silenzio, perché da soli, nella immensa vastità dell’Oceano, non si parla, non ci si perde in lunghi e inutili monologhi per raccontare la propria vita al vento, ma si cerca solo di compiere azioni e gesti che possono aiutarti a non disperare che tutto sia perduto. I momenti di tragicità maggiori per il protagonista del film non avvengono, come ci si aspetterebbe durante le tempeste o quando la sua barca affonda per sempre, ma mentre è calmo, urlando un “fuck” al cielo, solo perché, ad esempio, una nave, che passa troppo vicino al suo canotto di salvataggio, non riesce a vedere i suoi segnali di fumo. Alla veneranda età di 77 anni, Robert Redford offre al pubblico una interpretazione sublime che forse sarebbe bene premiare con il più ambito dei premi hollywoodiani: l’Oscar.

martedì 8 gennaio 2013

RAZZIE AWARDS 2013: GLI OSCAR DEL PEGGIO DEL CINEMA


Se il 10 gennaio scopriremo i candidati all'Oscar 2013, come da tradizione il mondo di Hollywood trema perché è tempo anche di RAZZIE AWARDS, le PERNACCHIE d'oro del cinema assegnate ai peggiori film dell'anno appena trascorso. A dominare la classifica ci pensa The Twilight Saga: Breaking Dawn parte 2 che ha ben 11 nomination ai Razzies, mentre al secondo posto si piazza Indovina perché ti odio con appena 8 candidature... C'è anche un po' di Italia ai Razzie 2013, infatti grazie (o per colpa???) al film di Muccino, Jessica Biel rischia di aggiudicarsi il titolo di peggior attrice non protagonista...
Quest'anno si presenteranno i vincitori a ritirare il premio? Del resto si sa che l'unica ad aver ritirato la sua pernacchia è Sandra Bullock, anche perché era certa di vincere quell'anno il premio Oscar, altrimenti non si sarebbe mai presentata... Ecco la lista di tutti i nominati: 


Peggior Film
The Twilight Saga: Breaking Dawn parte 2
Battleship
Una Bugia di troppo
Indovina perchè ti Odio
The Oogieloves in Big Ballon Adventure

Peggior Regista
Sean Anders - Indovina perchè ti Odio
Peter Berg - Battleship
Bill Condon - The Twilight Saga: Breaking Dawn parte 2
Tyler Perry - Medea's Witness Protection
John Putch - Atlas Shrugged part 2

Peggior Attrice
Katherine Heigl - One for the Money
Milla Jovovich - Resident Evil: Retribution
Tyler Perry - Medea's Witness Protection
Kristen Stewart - The Twilight Saga: breaking Dawn parte 2/Biancaneve e il Cacciatore
Barbra Streisand - The Guild Trip

Peggior Attore
Nicolas Cage - Ghost Rider 2/Solo per Vendetta
Eddie Murphy - Una Bugia di Troppo
Robert Pattinson - The Twilight Saga: breaking Dawn parte 2
Tyler Perry - Alex Cross/Good Deeds
Adama Sandler - Indovina perchè ti odio

Peggior Attrice non Protagonista
Jessica Biel - Quello che so sull'Amore/Total Recall
Brooklyn Decker - Battleship/Che Cosa aspettarsi quando si aspetta
Ashley Green - The Twilight Saga: breaking dawn parte 2
Jennifer Lopez - Che cosa aspettarsi quando si aspetta
Rihanna - Battleship

Peggior Attore non Protagonista
David Hasselhoff - Piranha 3DD
Taylor Lautner - The Twilight Saga: Breaking Dawn parte 2
Liam Neeson - Battleship/La Furia dei Titani
Nick Swardson - Indovina perchè ti odio
Vanilla Ice - Indovina perchè ti odio

Peggior Cast
Battleship
Oogieloves in Big Ballon Adventure
Indovina perchè ti odio
The Twilight Saga: Breaking dawn parte 2
Una Bugia di troppo

Peggior Remake/Spin-off/Sequel
Ghost Rider 2
Piranha 3DD
Alba Rossa
The Twilight Saga: breaking dawn parte 2
Medea's Witness Protection

Peggior Sceneggiatura
Atlas Shrugged part 2
Battleship
Indovina perchè ti odio
Una Bugia di troppo
The Twilight Saga: breaking dawn parte 2

Peggior Coppia
Due persone a caso di Jersy Shore - I Tre Marmittoni
MacKenzie Foy e Taylor Lautner - The Twilight Saga: breaking Dawn parte
Robert Pattinson e Kristen Stewart - The Twilight Saga: breaking Dawn parte 2
Tyler Perry e la sua Drag - Medea's Witness Protection
Adam Sandler e Andy Samberg, Leighton Meester o Susan Sarandon - Indovina perchè ti Odio

(non saprei nemmeno per chi tifare... non ho visto, ringraziando dio, nessuno di questi film!)

mercoledì 1 agosto 2012

HUGO CABRET: RECENSIONE


Postato su Film4Life...

Il cinema delle origini e il cinema degli effetti speciali tutto mescolato insieme in una dolce ubriacatura di settima arte: ecco che cosa è “Hugo Cabret” ed ecco quello che ci regala Martin Scorsese nel suo primo film in 3D, fresco di 11 nomination all’Oscar 2012. “Hugo Cabret” è una poesia, una dichiarazione d’amore di un regista che ama il cinema e che ha deciso di omaggiarlo, portando sul grande schermo, per la prima volta nella sua carriera, una favola, quella di un bambino, che abita nella Parigi degli anni ’30, che ama aggiustare le cose e che vive nella torre dell’orologio della stazione della ville lumière.

Con il pretesto di raccontare la storia un ragazzino, Martin Scorsese ci accompagna in una esperienza straordinaria e che forse in pochi fino ad oggi credevano possibile: vedere i film di George Mèlies, un pioniere del cinema, l’uomo che si è inventato l’ellissi cinematografica, l’uomo che ha per primo capito che il film è un sogno, in tre dimensioni. Ci voleva coraggio per raccontare al cinema di George Mèlies, eppure la delicatezza con cui Martin Scorsese affronta l’argomento, coadiuvato dall’ottima sceneggiatura di J. Logan, tratta dal romanzo “La straordinaria invenzione di Hugo Cabret” di Selznick Brian, ci fa riscoprire quanto deve essere stato bello inventare un nuovo modo di comunicare, quando i meccanismi del cinema erano sconosciuto e lo spettatore nel buio della sala era convinto di assistere ad una “magia”.

La narrazione del film è debole ed in effetti chi cerca una storia ben strutturata non la troverà in “Hugo Cabret” però nei momenti in cui il cinema moderno si incontra con il cinema del passato, ci si trova di fronte alla quintessenza della settima arte e si capisce perché, nonostante il tempo passi per tutti, ogni giorno c’è qualcuno in una parte qualsiasi del mondo che si sveglia la mattina e pensa: “Oggi ho voglia di magie! Oggi ho voglia di cinema”. Un film da vedere e rivedere, di cui gli amanti del cinema non potranno fare a meno. 

PARADISO AMARO: RECENSIONE


Postato anche su Film4Life...

“Paradiso Amaro”, titolo orginale “The Descendants” è il nuovo film di Alexander Payne con protagonista George Clooney. Il film è stato presentato in Italia al 29esimo Torino Film Festival nella sezione “Festa mobile – Figure nel paesaggio” ed sarà sicuramente una delle pellicole protagoniste della notte degli Oscar, dopo esserlo stato ai Golden Globes. George Clooney, in “Paradiso Amaro”, interpreta un uomo diviso tra lavoro e famiglia, tra i sentimenti e il denaro. L’opera di Alexander Payne è ambientato in un luogo da sogno, le isole delle Hawaii, in cui, come si dice all’inizio del film, non tutto è il paradiso, motivo che ha spinto i distributori italiani a dare il titolo di “Paradiso Amaro”, invece di mantenere l’orginale “The Descendants”, ovvero “Gli eredi”. La pellicola vuole giocare sul rapporto tra l’immaginario collettivo, considerare le Hawaii un luogo di svago e divertimento, e la realtà della situazione, perché anche alla Hawaii la gente muore e soffre come in qualsiasi altra parte del mondo.

Matt King, protagonista di “Paradiso Amaro”, è un marito e padre da sempre indifferente e distante dalla famiglia, impegnato nel suo lavoro di avvocato, anche se desideroso di dare il meglio alle sue figlie e alla moglie, dai migliori studi, alla migliore casa. Ma quando la moglie rimane vittima di un incidente in barca  è costretto a riavvicinarsi alle figlie e a cercare di ricostruire un rapporto che sembra irrimediabilmente frantumato e logorato dai tanti anni di indifferenza. Inoltre Mattdeve decidere a chi vendere il terreno di famiglia, eriditato dalla bis-bis-bis-bisnonna, una regina delle isole.

Il film è tutto giocato sulla perdita dei sentimenti e il difficoltoso modo di ricostruirli. parando la lezione di Almodovar (“Parla con lei”), il regista Alexander Payne capisce che può mettere in relazione tutti i suoi personaggi con il corpo in stato vegetativo di una donna, che agisce e spinge all’azione pur in uno stato comatoso. Qualche dubbio rimane sulla sceneggiatura e sulle sequenze troppo lunghe e a volte troppo noiose, ma questo lo dovranno decidere gli spettatori, una volta che il film arriverà nelle sale. 

domenica 26 giugno 2011

BALLA COI LUPI: RECENSIONE

Postato anche su Voto10... 


Durante la Guerra di Secessione degli Stati Uniti d'America John Dunbar, un ufficiale, dopo aver tentato il suicidio, chiede di essere inviato in un lontano posto dal fronte, nelle praterie abitate dai Sioux  Dunbar passa il primo mese con la sola compagnia del cavallo Sisko, di un lupo e del suo diario, dove annota tutto quello che vede e gli succede. La sua vita si evolverà nel momento in cui andrà a vivere con i Sioux, dove ritroverà un nuovo motivo per vivere. Dall’amore, all’amicizia, dal rispetto, alla pace interiore con il suo passato, John Dunbar riuscirà a farsi accettare in una realtà totalmente diverse da quella da cui proviene, riuscendo a diventare un vero guerriero indiano, Balla coi Lupi, un nuovo nome, per una rinascita.

Kevin Costner regista e protagonista di “Balla coi lupi”  racconta una parte della storia dell’America in modo realistico, senza fronzoli e senza esasperare cattiveria degli indiani, non racconta una mondo per stereotipi, come tendono a fare i western. In un periodo in cui si stavano formando gli Stati Uniti d’America, un altro mondo stava per sparire del tutto: i nativi americani e la loro millenaria cultura. Infatti terminata la guerra fratricida, l’uomo moderno, gli Yankees, volgeranno il loro occhio verso queste popolazioni, relegandole a piccolissime comunità, ormai quasi estinte. 
 
Il modo di affrontare la materia in mano a Costner è epico, ma al tempo stesso equilibrato, come il popolo dei Sioux, dove il protagonista trova la sua strada in questo mondo. L’uomo e la natura sono i veri protagonisti di questo lavoro e la loro difficile battaglia di connivenza. Sette premi Oscar e un successo planetario, rendono “Balla coi lupi” una di quelle opere da vedere almeno una volta nella vita. 

lunedì 28 febbraio 2011

OSCAR: CHE DELUSIONE

Serata noiosa, scontata per un format antiquato!!!
Gli Academy Awards stanno per fare la stessa fine di San Remo??? Intanto questi i vincitori e non vi nego che sono moooooltoooooo deluso, dato che Il discorso del re ha vinto nelle categorie più importanti... Se lo meritava? Per me NO!... Ha vinto la tradizone, in una tradizionale cerimonia che celebra il cinema ben confezionato... Peccato... Si doveva premiare il presente (Fincher) o il futuro (Aronofsky, O. Russel), si è preferito rimanere legati al passato!!!


See you in 84!!!

domenica 20 febbraio 2011

I (miei) VINCITORI DELL’OSCAR 2010/2011

PREMESSA: Allora… ad una settimana esatta dalla notte più importante per il cinema (almeno quello americano!), ecco che vi propongo i miei Oscar… Cioè le persone che io premierei il 27 febbraio… La premessa è doverosa perché secondo me sono in gara 4 FILM STUPENDI che meriterebbero l’Oscar ex aequo nelle categorie più importanti… sto parlando di The Social Network, Il cigno nero, Il grinta e Il discorso del re (a cui non ho assegnato nessun titolo nella mia classifica perché so che vincerà tutto e mi stanno antipatici i super premiati!!!)…

DUNQUE… eccovi qui di seguito i miei vincitori…

MIGLIOR FILM: The Social Network


ATTORE: Jeff Bridges per Il grinta (dovrei darlo a Colin Firth per Il discorso del re, ma odio chi vota all’Academy che penalizzerà Jeff solo perché ha vinto l’anno scorso il premio Oscar!)


ATTORE NON PROTAGONISTA: Christian Bale per The Fighter

ATTRICE NON PROTAGONISTIA: Jacki Weaver  per Animal Kingdom

SCENEGGIATURA NON ORIGINALE: The Social Network - Aaron Sorkin

SCENEGGIATURA ORIGINALE: The Fighter - Scott Silver, Paul Tamasy, Eric Johnson; Keith Dorrington

FILM D’ANIMAZIONE: Dragon Trainer

FILM STRANIERO: La donna che canta

FOTOGRAFIA: Il cigno nero - Matthew Libatique

MONTAGGIO: The Social Network - Angus Wall e Kirk Baxter

SCENOGRAFIA: Il grinta - Jess Gonchor; Nancy Haigh

COSTUMI: Alice in Wonderland - Colleen Atwood

TRUCCO: The Wolfman - Rick Baker e Dave Elsey

COLONNA SONORA: The Social Network - Trent Reznor e Atticus Ross

CANZONE: “We Belong Together” - Toy Story 3 (Randy Newman)

EFFETTI VISIVI: Inception - Paul Franklin, Chris Corbould, Andrew Lockley e Peter Bebb

MONTAGGIO SONORO: Inception - Richard King

MIX SONORO: Inception - Lora Hirschberg, Gary A. Rizzo e Ed Novick

CORTOMETRAGGIO D’ANIMAZIONE: Day & Night - Teddy Newton

venerdì 4 febbraio 2011

WINTER'S BONE - UN GELIDO INVERNO: RECENSIONE



Postato anche su VOTO 10 ed anche un'altra recensione su Filmforlife... 

C’è un’america da sogno: quella fatta dalle luci di Las Vegas e il caos delle grandi metropoli come Los Angeles o New York. E poi c’è un’altra america: quella delle province, dimenticata da tutto e tutti, dove la desolazione e il nulla la fanno da padrone, dove la legge non esiste perché è impossibile raggiungere quei luoghi. È proprio quest’ultima america quella che racconta la registra Debra Granik in “Un Gelido Inverno – Winter’s Bone”, ambientato interamente negli altopiani di Ozark nel Missouri Occidentale e tratto dall’omonimo romanzo di Daniel Woodrell. Ree Dolly, la candidata all’Oscar come Miglior Attrice Protagonista, ha diciassette anni e si avventura nella pericolosa ricerca del padre, uno spacciatore e produttore di anfetamine misteriosamente scomparso. Ritrovare il padre è un imperativo per la giovane ragazza, dato che deve prendersi cura della madre psicopatica e di due fratellini piccoli. La sua spada di Damocle è l’ipoteca che il padre ha imposto sulla casa e la proprietà per pagarsi la cauzione per uscire di prigione. Così comincia un viaggio per Ree che porta lo spettatore ad addentrarsi tra i boschi, che però non hanno nulla di meraviglioso, ma somigliano più ad un incubo; una fiaba dark insomma che cerca di portare alla luce la vera cultura americana, quella drammatica e dolorosa che quasi mai è mostrata nell’immaginario televisivo. La macchina da presa della regista si muove con maestria in questi luoghi desolati, in uno stile, che potremmo definire, indipendente, anche considerato che tutta la pellicola è interamente girata con una camera RED, che per la Granik è l’acronimo di “Really Escute Dreams” (riuscire a realizzare i sogni). Quello che si nota è che in questa storia drammatica, tra droga e guerre di bande, ad uscire rinforzate sono solo le donne. Il punto di vista in questa storia drammatica è interamente femminile; storia, in cui gli uomini creano i guai e le donne devono in qualche modo riuscire a cavarsela da sole, sia che esse siano giovani sia che siano anziane. Infine i soliti strafalcioni della traduzione italiana, non permettono allo spettatore di godersi il vero senso del titolo originale. “Winter’s Bone”, titolo originale, si riferisce da un lato ai resti umani e dall’altro al denaro che permette di vivere: ovviamente nulla di questo può essere colto da “Gelido inverno”. Da vedere!

domenica 30 gennaio 2011

IL GRINTA: RECENSIONE

Postato anche su Voto10... Potete anche leggere l'altra mia recensione su Filmforlife... 

Non c’è niente da fare: quando Ethan e Joel Coen decidono di fare un film siamo sempre vicini alla perfezione. Non si smentiscono nemmeno nella loro ultima fatica “Il Grinta”, in cui i fratelli di Minneapolis si confrontano da un lato con un nuovo genere (il western) e dall’altro con un remake. I Coen propongono infatti al pubblico il rifacimento del western “True Grit” di Henry Hathaway, che nel 1969 portò il protagonista John Wayne a vincere il suo unico premio Oscar. La storia, tratta dal racconto di Charles Portis, racconta le vicende di Mattie Ross (Hailee Steinfeld), una quattordicenne, che ha sete di vendetta. Suo padre infatti è stato ucciso dal bandito Tom Chaney (Josh Brolin) e la giovane donna, per assolvere al suo “compito”, decide di ingaggiare Reuben J. 'Rooster' Cogburn (Jeff Bridges), uno sceriffo spietato e rude, che, per 100 dollari, decide di mettersi alle calcagna del criminale. Si tratta quinti di una sorta di road movie a cavallo, che mantiene però lo stile e il gusto dei western più classici. Nonostante la storia di questo “Grinta” sia praticamente la stessa rispetto al suo illustre predecessore, i due registi/sceneggiatori decidono di concentrare la loro attenzione sul punto di vista ragazzina. Infatti, mentre il personaggio di Jeff Bridges è Drugo (indimenticato protagonista de “Il grande Lebowski”) ai tempi dei pistoleri - disperato, solo ed alcolizzato – , Hailee Steinfeld ha l’arduo compito di mettere in scena una Dorothy un po’ particolare, che accetta di volare over the rainbow, ma per farlo deve mettersi il cappello da uomo e una pistola in tasca. Insomma una donna moderna ed emancipata, che non si assoggetta al volere del destino, ma agisce per ottenere il suo scopo. Questo personaggio è in effetti il più interessante della pellicola, dato che gli altri sono tutti stereotipi già visti al cinema. La pellicola è ben strutturata e la storia procede in modo molto (forse troppo) lineare, differentemente agli altri lavori dei Coen. La visione di questo film spiazzerà un po’ tutti i fan, perché addirittura anche la loro visione del mondo è cambiata e forse è maturata. Il mondo in mano al caos delle precedenti pellicole, lascia spazio ne “Il Grinta” ad una visione religiosa della società, in cui esiste una giustizia divina che prima o poi si farà viva e trarrà le sue conclusioni. Certo, questa giustizia è bypassata dalla loro visione unilaterale che si rifà più allo spirito dell’ “occhio per occhio, dente per dente”, più che alla divina misericordia del mondo cattolico.

martedì 23 novembre 2010

IL SEGRETO DEI SUOI OCCHI: RECENSIONE




Un meritato Premio Oscar! Basta questo per commentare “Il segreto dei suoi occhi” del regista argentino Juan José Campanella, che proprio quest’anno si è portato a casa l’ambita statuetta dell’Academy come Miglior Film Straniero. È servita al regista l’esperienza sugli schermi televisivi con serie di successo come “Law & Order” o “Dr. House”, perché è riuscito a realizzare sicuramente uno dei film più interessanti della stagione cinematografica. La storia, a tinte noir con accenni al thriller, racconta le vicende di Benjamín Espósito (Ricardo Darín), un ex impiegato del tribunale penale, che, ormai in pensione, decide di scrivere un romanzo… un romanzo su un caso di omicidio avvenuto 25 anni prima, rimasto indelebilmente impresso nella sua mente e nei suoi occhi. Facendo i conti con il suo passato, Benjamín cerca di dare un senso alla sua vita, ormai stanca, noiosa e purtroppo solitaria. La pellicola si basa sulla memoria, sul passato che assilla un uomo e non è un caso che siano presenti molte fotografie, principali artefici del ricordo. Campanella, esperto, televisivamente parlando, in casi di omicidio, questa volta utilizza questo avvenimento come un lanx satura da condire con dei personaggi che sono scritti magistralmente. Impeccabile la scelta degli attori, con prove tutte degne dell’ottima regia: sguardi ed espressioni talmente intense da non lasciare indifferenti nemmeno gli spettatori più cinici. Il protagonista si muove immerso nel mondo, fin quando la telecamera non comincia ad indagare la sua intima natura, osservandolo dritto negli occhi, quegli occhi che sono, popolarmente considerati, lo specchio dell’anima. Il tema principale del racconto è l’ossessione in un universo cupo e torbido, come è quello dell’Argentina degli anni ’70, che circonda i personaggi. Certo è che il perno principale della storia è l’amore puro, con cui devono fare i conti tutti i protagonisti: basti pensare all’amore di Benjamin per la collega Irene, storia nata prima di nascere, ma che continua a tormentarlo. Infine tutta la narrazione è attraversata dalle infinite passioni, che possono essere una donna, il lavoro, il potere, uno sport o semplicemente l’alcol. Il film è compatto, con una sceneggiatura, giocata sui flashback, sapientemente calibrata, con dialoghi meravigliosi (fate attenzione alla spiegazione sulle varie tipologie di coglioni, degno del miglior Tarantino) rispettando sempre in ogni momento il carattere intrinseco dei personaggi. Per palati raffinati!

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