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giovedì 12 dicembre 2013

C.O.G.: RECENSIONE


Postato anche su Four Magazine... 

Presentato in concorso al Torino Film Festival 2013nella sezione Torino 31, C.O.G. di Kyle Patrick Alvarez è il primo film tratto da uno dei racconti dello scrittore americano David Sedaris. La pellicola racconta l’esperienza vissuta in campagna dal giovane David, appena laureatosi all’università di Yale, che, dopo anni passati sui libri, vuole provare a vivere un’esperienza di vita vera, sporcandosi per la prima volta le mani. Il giovane uomo, vissuto sempre in una cittadina del Connecticut, comincia quindi a confrontarsi e a maturare in un ambiente totalmente diverso a quello a cui è abituato, dove la gente è chiusa nei confronti dello straniero e dove la religione regna e regola le giornate dei suoi abitanti. Si racconta quindi il percorso formativo e di crescita del protagonista, che, dopo questo viaggio cambierà profondamente la sua visione del mondo.
C.O.G., che ha come protagonista l’attore Jonathan Groff, cerca di portare sul grande schermo le suggestioni ironiche, sarcastiche e le situazioni umoristiche che David Sedaris ogni volta regala ai suoi lettori, riuscendoci però solo in parte. L’opera si ferma troppo in superficie e non arriva a raccontare fino in fondo il personaggio principale, l’alter ego dello scrittore, a cui i suoi lettori più accaniti sono ormai affezionati da anni. Il regista sceglie di raccontare la storia solo dal punto di vista dello scrittore, raccontando l’esperienza vissuta, ma commette l’errore di non approfondire troppo i vari personaggi, che ogni volta accompagnano David in ogni sua singola avventura, relegandoli solo a comparse, quando invece dovrebbero (ed è così nei romanzi) essere i veri protagonisti del film. I racconti di Sedaris sono sempre goliardici ed esagerati e in C.O.G., purtroppo, non si coglie nulla di tutto ciò. Chi non ha mai letto nulla dello scrittore rimane spiazzato e anche un po’ confuso, non capendo mai il motivo per cui David è partito all’improvviso per vivere in modo bucolico, perché non torna a casa quando le cose stanno andando per il verso sbagliato e perché non è un fervente credente. Insomma, come dovrebbe essere buona regola del cinema, a volte è meglio lasciare certe storie sulla pagina scritta e non ostinarsi per forza a portarle sul grande schermo (magari proprio per sfruttare la popolarità mondiale dello scrittore). Mediocre!

lunedì 11 novembre 2013

GADAM - VIDEO PROMOZIONALE DELLA GALLERIA D'ARTE ANTONINO MELI DI SAN MARCO D'ALUNZIO

Ecco a voi il video promozionale o la pubblicità o chiamatela come volete della GADAM (Galleria d'Arte Antonino Meli) che è stata inaugurata ieri pomeriggio a San Marco d'Alunzio in provincia di Messina... se vi state chiedendo il perché della pubblicazione di questa videoclip su un blog che raccoglie recensioni di film, la risposta è molto semplice: ho scritto io la sceneggiatura... buona visione... :)






Gadam: una nuova galleria per vivere l'arte in Sicilia


  per tutte le info vi rimando alla pagina facebook della galleria e all'account Twitter ufficiale e al sito 


mercoledì 28 novembre 2012

NOI NON SIAMO COME JAMES BOND: RECENSIONE


C'è un solo James Bond e il suo nome è Connery... Sean Connery! Nell'anno in cui è uscito l'uscito film sull'agente 007, Skyfall, ecco arrivare al Torino Film Festival un divertente documentario italiano che è anche il terzo ed ultimo film made in Italy che partecipa in concorso alla 30esima edizione del Torino Film Festival.

Mario Balsamo, regista di Noi non siamo come James Bond, insieme all'amico Guido Gabrielli intraprende un viaggio filmico esattamente a distanza di trent'anni dalla loro prima avventura insieme. Mario e Guido hanno un rapporto di odio e amore, ma la loro unione è indelebile, nonostante gli anni che passano. Due 50enni sui generis, ricordano quindi in questo particolare documentario autobiografico la loro gioventù, il loro passato, le due brutte malattie che fortunatamente entrambi si sono lasciati alle spalle, e tutto con un unico comune denominatore: James Bond.

Il viaggio del film è infatti proprio sulle orme del loro mito d'infanzia: James Bond, ma non un James Bond qualunque, il primo vero ed inimitabile James Bond, interpretato da Sean Connery, che i due amici cercano di contattare telefonicamente, nella ricerca disperata di un incontro.

Mario Balsamo porta sul grande schermo con Noi non siamo come James Bond un racconto ironico, che non vuole essere compiaciuto, a tratti anche rabbioso, per ricordare a tutti che non si smette mai di essere giovani: l'importante è sentirsi giovani dentro.  

venerdì 14 settembre 2012

PIETA: RECENSIONE


Esci dalla sala e resti lì, senza parole, a cercare qualcosa da dire sul film che hai appena visto. Ecco la sensazione che lascia la nuova pellicola di Kim Ki-Duk, dal titolo Pieta, che ha vinto il Leone d'Oro alla 69esima Mostra Internazionale d’Arte cinematografica di Venezia. Il regista coreano, giunto al suo 18esimo film, così come ci annuncia nei titoli di testa, era atteso al varco dai cinefili di tutto il mondo, dato che le ultime sue prove cinematografiche non erano state all’altezza delle pellicole dell’inizio del Millennio, quelle (soprattutto Primavera, Estate, Autunno, Inverno… E ancora Primavera e Ferro 3) che hanno permesso a Kim Ki-Duk di farsi conoscere da tutto il mondo.

Con Pieta il regista ritorna proprio ai fasti di un tempo, quasi per urlare a tutti quelli che lo hanno criticato negli ultimi anni di essere ritornato, dimostrando, tra l’altro, di essere in splendida forma. Pieta non è un film facile. Pieta è un film dove la violenza regna sovrana. Pieta è il racconto di una società che basa tutto sui soldi, con i protagonisti che si chiedono solo una cosa: “Che cos’è il denaro?”. Pieta è una pellicola dove si ritrova tutto il cinema di Kim Ki-duk in nuce. Pieta è soprattutto un film, che vale la pena di guardare e forse anche di rivedere, per cogliere al meglio tutte le sfumature, le citazioni, i rimandi sparse qua e là dal regista coreano.

Il film racconta la storia di Kang-Do (Lee Jung-Jin), un uomo cinico e disincantato che lavora per uno strozzino. Gang-Do non ha famiglia, né amici e tanto meno scrupoli, soprattutto quando si tratta di reclamare il dovuto presso i debitori. Infatti chi non paga subisce una punizione corporale, in modo tale che lui può riscuotere i soldi dell’assicurazione e far saldare il debito. Un giorno, compare dal nulla una donna misteriosa (Jo Min-Su) che sostiene di essere sua madre. Raccontare altro di Pieta rischierebbe di rovinare la narrazione, dato che tutto è giocato su un ribaltamento della situazione, con un’ultima ora finale degna della suspence del miglior Hitchcock.

Il regista in questo lavoro non ha paura di sporcarsi le mani, anzi ha girato proprio in luoghi dove a regnare è lo squallore, con chiari riferimenti anche al carattere dei suoi personaggi, che non si pongono alcuno scrupolo per raggiungere il loro obiettivo. Emozionante ed intenso, Pieta entra direttamente nell’anima dello spettatore senza nemmeno chiedere il permesso di entrare, soprattutto grazie alla straordinaria interpretazione di Jo Min-Su: da brividi. Un Leone d’Oro, per manifesta superiorità!

lunedì 12 settembre 2011

VENEZIA 68: I MIEI VOTI

Di ritorno dal festival di VENEZIA 2011, vi propongo i voti dei film che ho visto... Farei notare il 4 a FAUST, film vincitore del Leone d'Oro (DELUSIONE!) e il 10 a KILLER JOE e SHAME!!!


FILM VOTO
4:44 Last Day on Earth  7
A Dangerous Method  6
Alpis  8
Baishe chuanshuo (The sourcer and the white snake)  2
Café de flore  8,5
Carnage  9
Dark Horse  6
Duo mingjin (life without principle) 8,5
Fast  4
Haihthafault  7,5
Himizu  7
Ides of March 7
Killer Joe  10
La désintégration  5
Le Petit Puocet  4,5
Poulet aux prunes  7,5
Presumé coupable  8
Rabitto Horaa  6
Ruggine 4
Sal  2
Shame  10
Stateless things  6,5
Tao Jie (a simple life) 9
Terraferma  8
The exchange 8
The Moth Diaries  3,5
Tinker, tailor, soldier spy  6,5
Totem  3
Toutes nos envies  6,5
Twilight Portrait 5
Un été brulant  3
Verano  1
W.E.  7
Wilde Salomé  6,5
Wuthering Heights  2

venerdì 29 luglio 2011

AT THE END OF THE DAY – UN GIORNO SENZA FINE: RECENSIONE

Postato anche su Film 4 Life... 


Alex, Rico, Chino, Thomas, Lara e Monica si dirigono nei boschi con dei fucili giocattolo per una partita di Soft-Air tra amici. In questo particolare gioco due squadre si confrontano alla guerra, con fucili a pallettoni. I ragazzi si dirigono in un bosco, dove fino a qualche tempo fa si svolgevano operazioni militari segrete. Quello che non sanno è che c’è ancora qualcuno in quella base, che “gioca” a torturare gli animali e che non sta aspettando altro che un gruppo di amici per divertirsi con degli esseri umani. 

Questa è la trama del lungometraggio di Cosimo Alemà, regista di videoclip prestato al cinema, che dirige un cast di giovani attori emergenti internazionali con una troupe però interamente italiana. Il film si presenta all’apparenza come un thriller ed essendo un prodotto made in Italy è apprezzabile il gesto di proporre nel nostro panorama un genere diverso dalle solite commedie. Certo i problemi di fondo di “At the end of the day” non risiedono nella tecnica. C’è un’ottima regia, molto influenzata dalla carriera di Alemà, dato che risente di inquadrature e movimenti di macchina tipici dei video musicali; c’è una bellissima e coinvolgente fotografia; buono anche il montaggio e la colonna sonora. 

Purtroppo non si può dire lo stesso della sceneggiatura: praticamente assente di lusso e non giustificata. Di film con protagonisti ragazzi che si recano nel bosco e trovano il “mostro” ne abbiamo visti a centinaia, ma tutti con una precisa logica, che spiega anche il più atroce dei delitti come l’omicidio. In questo lavoro invece mancano proprio le motivazioni di base (perché compiono questi delitti?): lo spettatore se lo chiede per tutta la durata della narrazione ed esce dalla sala senza che gli si dia una qualche spiegazione, che giustificherebbe un film. Buone le intenzioni, un po’ meno la realizzazione.  

lunedì 11 luglio 2011

HARRY POTTER E I DONI DELLA MORTE PARTE 2: L'HO VISTO!!!

SE VOLETE SAPERE CHE COSA PENSO DELL'ULTIMO CAPITO DI HARRY POTTER NON DOVETE FAR ALTRO CHE CLICCARE QUI...  OPPURE ASPETTARE IL 13 LUGLIO, QUANDO POSTERO' LA RECENSIONE SUL BLOG... NON VI NEGO CHE UNA LACRIMUCCIA FINALE MI E' VENUTA FUORI... ALLA FINE, HARRY MI HA CRESCIUTO... DAI 15 AI 25 ANNI... NON MALE COME PERIODO... ORA SONO CRESCIUTO DEFINITIVAMENTE!!!

HARRY POTTER E IL CALICE DI FUOCO: RECENSIONE

Postato anche su Film4Life... 

Il periodo spensierato dell’infanzia Harry Potter e i suoi inseparabili compagni di avventure lo hanno ormai abbandonato alla fine del terzo anno ad Hogwarts, con la conclusione di “Harry Potter e il prigioniero di Azkaban”, dove il passato del maghetto torna prepotentemente a rincorrerlo. Con questo quarto capitolo, la storia si fa più avvincente, anche perché la scuola di magia frequentata dal signor Potter ospita il prestigioso “Torneo Tre Maghi”, una competizione in cui tre allievi delle tre scuole di magia più importanti al mondo si sfidano per raggiungere l’eterna gloria. Nonostante il limite d'età sia stato fissato a diciassette anni e i partecipanti a tre, Harry viene iscritto, suo malgrado, ed è costretto a partecipare. 

In questo nuovo film, con un cambio di regia – da Alfonso Cuaron a Mike Newell –, l’attenzione si concentra più sui tormenti adolescenziali dei protagonisti (“chi invitare al ballo della scuola?”) piuttosto che sulla spettacolarità delle prove che i maghi devono affrontare nel torneo. Effettivamente il romanzo aveva molto più materiale e, sicuramente, se questo film si fosse realizzato in anni recenti, sarebbe stato diviso in due parti. Certo è che non mancano i momenti emozionanti e una narrazione che spesso sfocia nell’horror. La narrazione è infatti abbastanza cupa e le magiche atmosfere gaie dei primi due film sono state abbandonate, e tra amputazioni, sangue, morte e primi tormenti sessuali, il film è decisamente il più “pauroso” della serie. 

Poi finalmente nel Calice di Fuoco fa la sua comparsa il nemico giurato di Harry Potter: Lord Voldemort, che si fa uomo ed è un’entità carnale e non più solo un fantasma del passato. Dunque il male fa la sua comparsa e, con la cattiveria che non ti aspetti da un fantasy per giovanissimi, si comporta nel modo più crudele: l’Avada Kedavra su uno dei protagonisti. Insomma forse non proprio il migliore dei film sul maghetto ma certamente non ha deluso i fan, come invece faranno le due pellicole che seguiranno.

giovedì 5 maggio 2011

ASHES OF TIME (REDUX): RECENSIONE

Postato anche su Film4Life...

La versione originale di "Ashes of Time" del 1994, non ha mai trovato una distribuzione sul mercato occidentale per gli scadenti risultati economici in patria ed è andato perduto (o fatto sparire da Wong Kar-wai dalla circolazione, se vogliamo essere un po’ maligni). Ritrovato e rivisitato, il regista cinese ci ha regalato questa versione REDUX, distribuita in Italia dalla BIM, solo in DVD. 

In “Ashes of Time”, Wong Kar-Wai si confronta con il genere del wuxiapian, genere cinematografico cinese, in cui si raccontano vicende di personaggi ed eroi epici con combattimenti volanti e corse a cavallo. La versione “riduzione” del resto ha trovato nuova linfa vitale semplicemente perché questo genere, poco noto negli anni Novanta, è esploso al botteghino USA ad inizio millennio con “La tigre e il dragone”. Come dice l’appellativo dato al film, in questo nuovo adattamento, il regista ha lavorato per decurtazione, limando le scene e non, come magari ci si aspetta da una rivisitazione, aggiungendo parti. 

In una mitologica era, si intrecciano attorno al personaggio dell’eremita Ou-yang Feng tre storie, tenute insieme tra loro, come solo i grandi maestri del cinema sanno fare. Feng vive nel deserto e ogni anno riceve la visita di Huang, uno spadaccino che ha scoperto un particolare vino che cancella la memoria. Huang in passato ha incontrato Yang, a cui ha promesso di sposare sua sorella Yin, ma l’uomo ha infranto la promessa, e Yin assume Feng per ucciderlo. Dall'altra parte Yang assume Feng per uccidere proprio Huang, colpevole di non aver mantenuto la parola data. 

Il regista, anche in questo film, ripropone la sua visione del mondo, in cui “errare è umano”, dove l’amore puro è quello contrastato e irrealizzabile e la sete di vendetta alimenta le speranze. Un ruolo fondamentale lo ricoprono i ricordi e i rimpianti: vere e proprie ossessioni dei personaggi, che nemmeno il pensiero buddista, sbandierato fin dall’inizio della pellicola, riesce a calmare il cuore in tempesta dei protagonisti. 

Lavorando a posteriori, il regista affiancato dal fedele direttore della fotografia Christopher Doyle, con cui ha collaborato già in “Days of Being Wild”, mostra un mondo saturo di colori con forti contrasti cromatici, per sottolineare l’assoluta a-temporalità dell’azione. Il montaggio è serrato, come un battito cardiaco e le sequenze d’azione, rispetto all’originale e agli altri wuxiapian, sono meno spettacolari e più veloci, quasi solo accennate, accompagnate però dalla solita scelta accurata della colonna sonora.

venerdì 8 aprile 2011

99/100 RECENSIONI

The next review will be the number 100...
E allora ci siamo... o meglio ci sono... la prossima recensione postata su questo blog sarà la numero 100... dopo 16 mesi di lavoro gratuito (l'argent... que vulgarité!) sono arrivato a questo traguardo... AD MAIORA!!!

venerdì 4 marzo 2011

DUBBI NON CINEMATOGRAFICI...

Visto che Google mi ha bannato dal suo programma adsense con la spiegazione "Famo un po' come cazzo ce pare!" qualcuno di voi conosce un modo per accumulare tre centesimi al giorno con un anti-google??? :D... Grazie a tutti per l'aiuto... MALEDETTI i monopoli!!!

mercoledì 2 marzo 2011

RAY: RECENSIONE

Postato anche su Voto10...

Come nasce una leggenda? Come si diventa un mito? Come si cambia lo status quo? Sono queste le domande a cui risponde il regista Taylor Hackford con il film “Ray”, biopic dedicato alla stella del pianoforte Ray Charles, il primo a mescolare insieme generi musicali diversi: rhythm and blues, musica country, gospel, rock’n’roll…

Certo come ogni nuovo esperimento prima di affermarsi c’è voluto del tempo e ripercorrendo le tappe della vita del musicista, scopriamo tutto il passato dell’uomo Ray: il suo passato turbolento, la droga, i rapporti con la famiglia, le donne che lo accompagnarono nella sua carriera, la difficoltà ad imporre la sua musica per quelle odiose leggi razziali.

Ovviamente c’è il racconto della malattia: un bambino sfortunato che smette di vedere i colori, a causa di un glaucoma all’età di cinque, acquisendo però la capacità di trasformare i suoi sentimenti, i suoi pensieri, in musica. Soffermandosi sui risvolti psicologici della vita di Ray Charles, con una fotografia che riscalda l’anima, il film è un omaggio ad un uomo che ha vinto sulla sfortuna e la vita. Eccesso di encomio e patetismo? Forse sì, ma la musica fa perdonare anche questo! 

Attraverso delle vigorose mani che scorrono, contro tutto e tutti, su un pianoforte, tra tasti bianchi e tasti neri, questa pellicola entra e rimane dentro lo spettatore, aiutata dalle meravigliose note dei successi intramontabili del bluesman: “Georgia on My Mind”, “I Can't Stop Loving You”, “Unchain My Heart” e “Hit the Road Jack”…

Da ammirare la straordinaria interpretazione di Jamie Foxx, particolarmente ispirato nelle vesti di Ray Charles, tanto da vincere nel 2005 sia il Golden Globe sia l’Oscar come Miglior Attore Protagonista.

lunedì 28 febbraio 2011

OSCAR: CHE DELUSIONE

Serata noiosa, scontata per un format antiquato!!!
Gli Academy Awards stanno per fare la stessa fine di San Remo??? Intanto questi i vincitori e non vi nego che sono moooooltoooooo deluso, dato che Il discorso del re ha vinto nelle categorie più importanti... Se lo meritava? Per me NO!... Ha vinto la tradizone, in una tradizionale cerimonia che celebra il cinema ben confezionato... Peccato... Si doveva premiare il presente (Fincher) o il futuro (Aronofsky, O. Russel), si è preferito rimanere legati al passato!!!


See you in 84!!!

sabato 26 febbraio 2011

CONSIGLIO PER LA SERATA: IN THE MOOD FOR LOVE

Se stasera non avete nulla da fare e, causa gelo, preferite rimanere a casa guardatevi IN THE MOOD FOR LOVE, il capolavoro di Wong Kar-wai... Correva l'anno 2000... Quando le immagini hanno il sopravvento sulle parole... 


Questo in basso è un video tratto dal film... colonna sonora straordinaria!!!



Questo non si fa, ma il link per gustarvi in streaming la pellicola è:
http://www.megavideo.com/?v=3QWARWS0

lunedì 21 febbraio 2011

LA MASTURBAZIONE AL... CINEMA!!!

KEN PARK -Tate si masturba guardando un incontro di tennis
Titolo volutamente provocatorio per introdurvi ad un articolo che ho scritto sulle scene cinematografiche in cui un attore e una attrice si dedica alla pratica della masturbazione... Si passa dai film comici a quelli seri. E' un modo per ricordare bellissimi film e, perché no, pensare di rivederli!!! Dato che mi hanno anche commissionato altri due articoli sull'argomento potete dirmi la vostra scena di onanismo preferita??? :)



<<Partiamo subito col dire che questo non è, né vuol essere un articolo dal contenuto erotico. Ho rivisto per la seconda volta “Il cigno nero” e, non dovendomi concentrare troppo sulla trama o sulla conclusione, mi sono soffermato sulle scene di sesso del film. Il mio sguardo si è soffermato quindi sulla scena di autoerotismo di Natalie Portman e, avendo ricordato all’improvviso che anche James Franco in “127 ore” si dedica alla cura del proprio corpo, mi sono chiesto: “In quali altre pellicole cinematografiche hanno girato scene di masturbazione maschile o femminile?”.



Giusto per dare un senso a quello che intendo, in questo caso citerò Woody Allen che in “Io e Annie” (1977) ci illumina: “Non denigrare la masturbazione. È sesso con qualcuno che amo!”. Inoltre vi dico subito che nella mia analisi escludo a priori le scene dove qualcuno pratica a qualcun’altro tale atto, quindi non mi è di aiuto la classifica di un giornalista americano che ha proposto le 10 migliori masturbazioni di tutti i tempi. Ovviamente potrei andare sul sicuro e citare le pellicole di Bigas Luna o del nostro Tinto Brass per non sbagliare, anche se non sono poi così convinto che ci siano delle scene di autocompiacimento nella filmografia dei due registi.



Cominciamo, parto subito dalla parte divertente, dai film comici e gioco la carta “American Pie”. Nel primo film della serie, quello che ha lanciato la carriera di Jason Biggs, l’attore è impegnato in una masturbazione davanti ad un film porno, quando all’improvviso nella stanza entra la madre. Comicità spicciola.



Ricordate Kevin Spacey in “American Beauty” (1999)? Oltre a farci vedere l’attore in ben due scene (una nel letto al fianco alla moglie e una nella doccia) intento nella pratica, il protagonista ci ricorda anche, nella memorabile scena della lettera delle dimissioni, che il suo lavoro consiste, cito testualmente, “almeno una volta al giorno nel ritirarmi nel bagno degli uomini per farmi una sega!”.



Nello scioccante “Ken Park” (2002) di Larry Clark e di Edward Lachman, Tate, un ragazzo interpretato da James Ransone, si masturba con una sciarpa intorno al collo legata alla maniglia di una porta, mentre ascolta due tenniste che ansimano alla televisione durante una partita. A differenza di “American Beauty” i due registi mostrano tutta la scena. Quindi subito mi balena in mente “Short Bus – Dove tutto è permesso” (2006) di John Cameron Mitchell, un’altra pellicola che ha fatto scandalo. Qui oltre all’autoerotismo maschile, è possibile ammirare un esempio di masturbazione femminile, grazie alla terapista sessuale, che riesce ad avere per la prima volta in vita sua un orgasmo. A questi si aggiunge anche Renato Amoroso (Giuseppe Sulfaro) innamorato della bellissima “Malèna” (2000) di Giuseppe Tornatore in due episodi memorabili: uno da solo rinchiuso nella sua stanzetta e uno in compagnia con gli altri ragazzini; questa scena ricorda un po’ “Amarcord” (1973) di Fellini.



Infatti non dovete pensare che la masturbazione al cinema sia affare solo degli uomini. Assolutamente non è così! Oltre alla Portman, altre colleghe si sono cimentate in questo: Eva Mendes in “We Own the Night” (2007) e Naomi Watts in “Mulholland Drive” (2001). Ma come dimenticare Shirley MacLaine, nei panni di Eve Rand che cerca di sedurre, rendendosi ridicola, il giardiniere Chauncey Gardner (Peter Sellers) in “Oltre il giardino”(1979)? Anche François Ozon si è lasciato andare ad una scena di masturbazione femminile in uno dei suoi film più belli e meno conosciuti: “Sotto la sabbia”(2000), nel momento in cui la protagonista immagina di fare l’amore con il marito scomparso e con l’uomo di cui si è invaghita.



Per quanto riguarda la masturbazione tra adolescenti voglio ricordare due scene: “Babel” (2006), ultimo lavoro della coppia Innaritu-Arriaga, in cui un bambino marocchino si masturba dopo aver spiato la sorella connivente; e “Il calamaro e la balena” (2005) di Noah Baumbach, dove Frank, il piccolo protagonista, si adopera a scuola pensando alla sua amichetta preferita.



Tornado agli adulti, c’è da ricordare la masturbazione di Nicolas Cage ne “Il ladro di orchidee” (2002), ma soprattutto il genio di Kubrick che, in “Arancia Meccanica” (1971), affida alle note della Nona di Beethoven la masturbazione di Alex, mentre immagina epiche scene di violenza, come esecuzioni, esplosioni, test nucleari ed eruzioni vulcaniche.



Concludo con l’ultima che mi viene in mente, per il momento. In realtà non ho ancora visto il film, ma ho potuto vedere il trailer, che comincia proprio con una scena di masturbazione. Il film è l’attesissimo “Kaboom” (2010) e vi consiglio di dare un’occhiata al cliccatissimo trailer.



Quello che più mi ha sorpreso, in questa divertita ricerca dell’autoerotismo, è che non solo i film comici hanno sfruttato tale escamotage cinematografico, ma anche grandi registi si sono confrontati con il tema, chi in modo serio, chi in modo faceto.>>

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