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lunedì 10 settembre 2012

L'HOMME QUI RIT - RECENSIONE


Per chiudere la 69esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica Venezia, Baratta ha scelto il nuovo film di Jean-Pierre Améris dal titolo L’Homme qui rit, tratto dall’omonimo romanzo di Victor Hugo scritto nel 1869. Il film si avvale di un cast di attori francesi eccezionali sui quali capeggia uno straordinario Gérard Depardieu, affiancato da Emmauelle Seigner e Marc-André Grondin.

Il film racconta la storia di Ursus, un uomo di spettacolo, nella sua roulotte raccogliere due orfani persi nella tempesta: Gwynplaine, un ragazzo con il volto segnato da una cicatrice a causa della quale sembra che rida sempre, e Dea, una ragazza cieca. Pochi anni dopo, danno uno spettacolo in cui Gwynplaine è la stella. Ovunque si spostino, la gente vuole vedere il loro spettaocolo, 'L'uomo che ride', e dovunque c'è l'uomo che ride, arriva la folla. Questo successo apre le porte della fama e della ricchezza al giovane e lo allontana dalle sole due persone che lo hanno sempre amato per quello che è: Dea e Ursus. Jean-Pierre Améris porta sul grande schermo un personaggio principale che ricorda molto da vicino un mix tra il Corvo, il Joker e Edward Mani di Forbice; insomma qualche cosa di già visto al cinema, che però buca lo schermo.

Se per il film di apertura infatti si era scelto una storia moderna con The Reluctant Fundamentalist, per la chiusura la mostra si immerge in atmosfere ottocentesche, con una ambientazione che ricorda molto da vicino, considerando anche l’autore che ha scritto il romanzo, le varie trasposizioni cinematografiche de I Miserabili, di cui uscirà a breve una nuova versione diretta da Tom Hooper. Il film di Jean-Pierre Améris è una favola barocca, quasi tutta girata in interni, che si avvale di una sceneggiatura brillante e di una interpretazione all’altezza della struggente storia raccontata da Hugo. Emozionante!

martedì 9 novembre 2010

POTICHE: RECENSIONE

È tornato François Ozon! È tornato a presentare un suo film, dal titolo "Potiche", alla Mostra del cinema di Venezia, ma soprattutto è tornato al mondo della commedia. Il ritorno in Laguna, per Ozon è in grande stile, con una pellicola che sicuramente convincerà i fan accaniti ancora di più delle potenzialità del regista e, perché no!, poterà altri ammiratori chez Ozon. Sperimentatore inguaribile, anche in questa sua ultima fatica, l’enfant prodige di Francia, ormai raggiunta popolarità, successo e credibilità, non si smentisce. I generi sono abilmente mischiati, e le carte sono confuse con grande abilità, grazie ad un uso ben sapiente di una sceneggiatura ben calibrata, intelligente ed assolutamente charmant, come ci si aspetta dal miglior cinema transalpino. Certo Ozon si affida a due mostri sacri della recitazione mondiale:Catherine Deneuve e (un sempre più in sovrappeso) Gérard Depardieu, trasportandoli nel 1977, epoca delle rivolte in fabbrica. Un’aristocratica e un sindacalista a confronto, una splendida accoppiata, per una divertente commedia. Difficile restare indifferenti ai dialoghi brillanti, alle battute sagaci che trasformano l’intreccio semplice, ma efficace, in un prodotto per buongustai. Gli attori sono perfettamente a loro agio nelle parti affidate loro da Ozon. Personaggi ottimamente scritti e ben interpretati, soprattutto quelli di Fabrice Luchini, nella parte del burbero capo fabbrica hitlerino sempre arrapato, e il talentuosoJérémie Renier, figlio aristocratico che preferisce la lotta socialista e l’arte. Chissà che questa sia la volta buona per François Ozon, dopo le altre due edizioni (1999 con “Gli amanti criminali” e 2005 con “5X2”) ricche di complimenti ma povere di premi!

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