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mercoledì 11 dicembre 2013

I CORPI ESTRANEI: RECENSIONE


Postato anche su Four Magazine... 

I corpi estranei segna il ritorno di Mirko Locatelli al cinema narrativo, dopo che negli ultimi anni il regista si è principalmente occupato di documentari. La pellicola, presentata in concorso all’ottava edizione del Festival Internazionale del film di Roma, racconta la storia di Antonio (Filippo Timi) che parte alla volta di Milano per curare Pietro, il figlio appena nato, affetto da un grave cancro al cervello. Nell’ospedale l’uomo si ritrova immerso in una realtà parallela, un piccolo mondo, una città nella città, in cui la vita scorre con ritmi diversi. Qui incontra diversi personaggi, principalmente extracomunitari, con cui non vuole avere nulla a che fare, come se fossero, come giustifica il titolo, dei corpi estranei. Antonio è ad affrontare questa convivenza forzata, che trova la massima espressione nell’incontro con il giovane Jaber, un tunisino emigrato in Italia e che ogni giorno va a trovare il suo amico malato. Ognuno dei due affronta il dolore in modo diverso: chi bestemmia, chi prega!
Il tema del razzismo è particolarmente incisivo nell’opera di Locatelli, tanto che all’inizio pare possa essere il tema centrale di tutta la pellicola. Il film però vira inaspettatamente verso altri lidi, concentrandosi più che altro solo ed esclusivamente sul dramma personale del protagonista, che cerca di barcamenarsi, come meglio può, in questa situazione fuori dall’ordinario. Tutti gli altri personaggi sono invece figure marginali, che servono solo a mettere in risalto il dramma umano di questo uomo.
La pellicola, che ha nella recitazione di Filippo Timi e del neonato i suoi momenti più alti, pecca principalmente nella sceneggiatura, che a volte sembra non essere all’altezza della storia che si è scelto di raccontare. Durante la proiezione, si vorrebbe quasi urlare ai personaggi di comportarsi in maniera “normale”, come farebbe chiunque altro nella situazione in cui si trova Antonio. Quanto è irreale che la madre del piccolo Pietro non raggiunga Milano il giorno dell’operazione del figlio? E non è incredibile che la stessa donna si accontenti di un sms subito dopo la difficile e complicata operazione da parte del marito, il quale nel frattempo, invece di essere dietro la porta della sala operatoria in attesa di notizie, decide che è meglio passeggiare per Milano o addirittura addormentarsi? Purtroppo quello che lascia la pellicola è l’amaro in bocca, perché I corpi estranei poteva essere davvero un lavoro autoriale italiano di alto livello: ciò che manca è l’anima, ci sono solo corpi!

mercoledì 1 agosto 2012

RUGGINE: RECENSIONE

Postato anche su Film4Life... 

Forse dobbiamo farcene tutti una ragione: in Italia non sappiamo più affrontare (al cinema) il drammatico. Non riusciamo più a realizzare, produrre, recitare un cinema che sia diverso da tutte le sfaccettature della commedia. Ormai da anni l’industria della celluloide del made in Italy riesce a propinare agli spettatori solo qualche divertente filmetto da riderci su, mentre per quanto riguarda gli altri registi stilistici è “arrugginita”. Quando poi qualcuno cerca di uscire da questo schema per proporre qualcosa di nuovo, un film drammatico ad esempio, ci troviamo di fronte, a malincuore, a dover scrivere di un risultato alquanto deludente. È il caso di “Ruggine” di Daniele Gaglione, presentato alla Mostra del cinema di Venezia 2011 nella sezione “Giornate degli Autori”. La pellicola, nonostante la presenza di tre dei migliori attori italiani sulla piazza (Filippo Timi, Valeria Solarino, Stefano Accorsi) e nonostante gli eventi drammatici narrati, non decolla mai e lo spettatore non trova la giusta empatia con i diversi personaggi, rischiando più volte in sala di annoiarsi. La scelta (opinabile) fatta a livello di sceneggiatura è quella di raccontare la storia degli stessi protagonisti su due livelli temporali diversi, mostrando chi erano i bambini e che cosa sono diventati dopo una serie di eventi tragici, in questo caso la pedofilia. Certo è che il pathos del racconto e le scene che dovrebbero testimoniare la violenza di un pedofilo sono ogni volta strozzate, per mostrare la nuova realtà dei personaggi, che potrebbe anche essere omessa ai fini dell’economicità della storia; certo questo avrebbe voluto significare rinunciare ai tre attori sopra citati e quindi anche ad un buon trasporto di pubblico in sala.

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