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martedì 18 giugno 2013

HERO: RECENSIONE

I miglior attori cinesi (Jet Li, Maggie Chung, Donnie Yen, Zhang Ziyi e Tony Leung), un grandissimo regista come Zhang Yimou e capolavoro è servito. “Hero” è un bellissimo film (che ha avuto anche il plauso di Quentin Tarantino) ambientato in un tempo lontanissimo quando ancora la Cina era divisa in sette regni. Il guerriero Senza nome (Jet Li) racconta, invitato a palazzo, al re Qin, come sia riuscito a uccidere i tre guerrieri che si opponevano alla politica di riunificazione del paese. Tre guerrieri fortissimi, quasi imbattibili, che però sono stati ormai annientati.


Zhang Yimou cura ogni minimo dettaglio del suo film e la storia, che procede per lunghi flashback, è un’esperienza visiva unica, travolgente e piacevole. Tutto è soave e soffice, anche i momenti più drammatici si trasformano in un quadro. Le scenografie sono maniacalmente curate, come tutti gli altri elementi, esasperati fino all’inverosimile, e sono necessarie per capire la passione che spinge i personaggi ad agire, rendendo al meglio l’essenza stessa dell’opera. Stile fiabesco e baroccheggiante, soprattutto nei coreografati combattimenti, dove gli attori, avvolti dalle foglie dorate, si esibiscono in danze con le spade. L’esagerazione però non scade mai nel ridicolo, anzi rende tutto più spettacolare e geniale.

domenica 26 giugno 2011

LATERNE ROSSE: RECENSIONE

Postato anche su Voto10... 

Nella Cina del Nord nei primi anni Venti, una studentessa interrompe gli studi per diventare la quarta moglie di un ricco signore. Diventando una concubina, la ragazza vive in un bellissimo palazzo, architettonicamente elaborato, metafora perfetta della tortuosa situazione della donna in Cina. Il film, che ha vinto il Leone d’Argento a Venezia e che non è stato distribuito nella Cina Popolare, è tratto dal romanzo “Moglie e concubine” di Su Tong, piaciuto talmente tanto al regista Zhang Yimou da realizzare quest’opera sublime, un piacere per gli occhi.

Attraverso la storia e la sua protagonista, il film scandaglia con una regia perfetta, conforme allo stile di Yimou, forse leggermente meno fine a se stessa, temi delicati e politicamente scorretti: la differenza tra i sessi, le logiche di potere, la rigorosa morale che governa le classi alte cinesi, che non esenti dal libertinaggio. Il linguaggio scelto dal regista è quello di essere austero, soprattutto nella scelte delle inquadrature.

Le lanterne rosse sono proprio il simbolo della possibilità di fuggire a un ordine rigoroso; sono un piccolo momento di libertà dalla splendida prigione dorata in cui vivono i protagonisti del film. In questo mondo così rigoroso, ogni piccolo cambiamento causa squilibrio, mostrando la vera natura di questa realtà, dove la depravazione e l’orrore la fanno, spesso da padrone, rispetto alla morale vigente. Film da non perdere.

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