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martedì 18 giugno 2013

HERO: RECENSIONE

I miglior attori cinesi (Jet Li, Maggie Chung, Donnie Yen, Zhang Ziyi e Tony Leung), un grandissimo regista come Zhang Yimou e capolavoro è servito. “Hero” è un bellissimo film (che ha avuto anche il plauso di Quentin Tarantino) ambientato in un tempo lontanissimo quando ancora la Cina era divisa in sette regni. Il guerriero Senza nome (Jet Li) racconta, invitato a palazzo, al re Qin, come sia riuscito a uccidere i tre guerrieri che si opponevano alla politica di riunificazione del paese. Tre guerrieri fortissimi, quasi imbattibili, che però sono stati ormai annientati.


Zhang Yimou cura ogni minimo dettaglio del suo film e la storia, che procede per lunghi flashback, è un’esperienza visiva unica, travolgente e piacevole. Tutto è soave e soffice, anche i momenti più drammatici si trasformano in un quadro. Le scenografie sono maniacalmente curate, come tutti gli altri elementi, esasperati fino all’inverosimile, e sono necessarie per capire la passione che spinge i personaggi ad agire, rendendo al meglio l’essenza stessa dell’opera. Stile fiabesco e baroccheggiante, soprattutto nei coreografati combattimenti, dove gli attori, avvolti dalle foglie dorate, si esibiscono in danze con le spade. L’esagerazione però non scade mai nel ridicolo, anzi rende tutto più spettacolare e geniale.

domenica 19 maggio 2013

FERRO 3. LA CASA VUOTA: RECENSIONE


Ferro 3. La casa vuota” di Kim Ki-duk è un film che parla d’amore e solitudine e lo fa alla maniera del regista coreano, ovvero attraverso un modo di raccontare che diventa poesia. Poesia visiva! Dopo il coinvolgente “Primavera, estate, autunno, inverno e ancora primavera”, Kim Ki-duk torna nella società, spostandosi dalle montagne incantate e silenti, al caos della metropoli moderna. 

Il protagonista del film è Tae-Suk, un giovane che abita nelle case lasciate vuote occasionalmente dai proprietari. Il giovane non vive solamente abusivamente in queste case, ma cerca di migliorare la vita della casa stessa, aggiustando oggetti ad esempio e lasciando sempre tutto in ordine. Quando non ha più niente da fare passa la sua giornata giocando a golf con la mazza numero 3, quella che è conosciuta come “Ferro 3”, la meno utilizzata dai golfisti, che diventa quindi metafora della vita di Tae-Suk, uomo dimenticato dalla società. La svolta è nell’incontro con una ragazza, Sun-hwa, che abbandona il marito che la maltratta per seguire Tae-Suk nel suo girovagare di abitazione in abitazione.

La pellicola vive di lunghi silenzi, così come Kim Ki-duk ha abituato i suoi ammiratori più fedeli, perché a volte le parole, soprattutto nella nostra società, sono superflue, addirittura volgari e svuotate di significato e ciò che il regista compie nella sua opera è far ritornare il cinema alla sua essenza originaria, ovvero ritornare a essere racconto per immagini. Al centro di “Ferro 3. La casa vuota” c’è (e non potrebbe essere altrimenti) il senso di emarginazione dell’uomo moderno, che vive sospeso, alienato e, per il regista, non è importante farci sapere se ciò che vediamo è sogno o realtà

giovedì 10 gennaio 2013

MIRACOLO A SANT'ANNA: RECENSIONE

Postato anche su Voto10... 


Spike Lee  racconta nel suo film Miracolo a Sant’Anna la storia dei soldati neri, durante la Seconda Guerra Mondiale. Sì, perché il regista americano, sempre attento al tema razziale, decide di riscattare tutti quei soldati di colore che il cinema europeo ed americano hanno sempre dimenticato, mostrando “salvatori” made in Usa soltanto biondi, alti, muscolosi e con gli occhi azzurri. Ebbene, Spike Lee con Miracolo a Sant’Anna cerca di raccontarci una nuova verità: c’erano anche americani di colore nella più sconvolgente guerra del Novecento.
Tratto dall’omonimo best seller di James McBride, Miracolo a Sant’Anna, racconta la storia di quattro soldati neri americani, appartenenti alla 92ª Divisione “Buffalo Soldiers” dell’esercito statunitense – interamente composta da militari di colore – che rimangono bloccati in un piccolo paese, al di là delle linee nemiche, separati dal resto dell’esercito, dopo che uno di loro ha rischiato la vita per trarre in salvo un bambino italiano. Asserragliati sulle montagne toscane con i tedeschi da un lato ed i superiori americani incapaci di gestire gli eventi dall’altro, i soldati riscoprono una dimenticata umanità tra gli abitanti del paese, insieme ad un gruppo di partigiani e grazie all’innocenza ed al coraggio di un bambino italiano, il cui affetto dona loro un segnale di speranza per riuscire ad andare avanti.
Il regista però non sembra molto preoccupato di spiegare fino in fondo i fatti drammatici accaduti sul suolo italiano in quei giorni. L’unica cosa che sembra importare a Spike Lee è quella di glorificare questi uomini, che, insultati in patria per il colore della loro pelle, diventano dei veri e propri eroi lontano dai confini nazionali. Insomma ciò in cui pecca il film è proprio in questo: non c’è un reale approfondimento dei personaggi. C’è solo il desiderio di utilizzare una storia per raccontare tutt’altro. Nonostante le nobili intenzioni per la causa dei neri d’America, il film non è piaciuto né al pubblico, né alla critica. Un flop al botteghino a stelle e strisce con appena 7 milioni di dollari di incasso e un flop anche nel nostro paese con il milione di euro appena sfiorato. Vedremo se con il passaggio tramite etere (stasera su Rai Tre) il film riuscirà ad interessare il pubblico italico.  Fortunatamente dopo questo “errore”, il regista si è subito ripreso con il bellissimo documentario dedicato a Michael Jackson: Bad 25, visto al Festival di Venezia 2012 e già in tv su Sky Uno.

NON È UN PAESE PER VECCHI: RECENSIONE


Postata anche su Voto10.it
Oscar, anno 2008. Miglior film, Miglior regia, Miglior attore non protagonista e Miglior sceneggiatura non originale: questo il bottino di statuette portato a casa da “Non è un paese per vecchi”, capolavoro dei fratelli Joel ed Ethan Coen ritornano a dirigere una pellicola noir. “Non è un paese per vecchi” è tratto dall’omonimo romanzo di Cormac McCarthy, ambientato in Texas, e racconta di una sanguinosa vicenda di un uomo che per caso s'imbatte in una serie di assassinii, in una cospicua partita di droga e in 2,4 milioni di dollari in contanti.
Pellicola cruda e spietata, dove non manca il solito black humor, con il quale i fratelli Coen giocano fin dalle loro primissime opere, “Non è un paese per vecchi” non lascia un attimo di respiro allo spettatore, che ha la possibilità di godere di un film dal ritmo serrato, che non precipita mai in momenti di stallo, grazie all’ingrediente magico di questo film: la follia (in questo caso specifico la follia di tutto il genere umano). Del resto il personaggio più celebre dell’opera è proprio quello del sanguinario e misterioso killer interpretato da Javier Bardem, che Hollywood ha consacrato, come detto, con un Aademy Awards, per lasciarlo ai posteri.
Come capeggia in alto nella locandina, “Non è un paese per vecchi” è una pietra miliare, un film che ha rilanciato al cinema (e forse anche nelle serie tv) temi come la morte, la violenza gratuita, l’amore e l’umanità. Non è un caso che, nonostante il film sia stato molte volte accusato di mostrare la barbarie umana, andando a fondo nella narrazione, si scopre un cinema profondo, morale e moralizzante.
I Coen non hanno voglia di raccontare la realtà così com’è, ma hanno desiderio di mostrare la realtà così come è percepita dai loro occhi. E la realtà è cruda, folle, spettacolare, eccessiva in tutto e forse per salvarsi (se c’è la possibilità di una salvezza spirituale) bisogna solo avere fortuna e vincere una partita a testa o croce.

domenica 6 gennaio 2013

POMI D’OTTONE E MANICI DI SCOPA: RECENSIONE


Dopo Mary Poppins c’è forse solo un altro film a tecnica mista che ancora sopravvive nelle feste natalizie di tutto il mondo: Pomi d'ottone e manici di scopa diretto nel 1971 da Robert Stevenson, prodotto dalla Walt Disney Productions e interpretato da Angela Lansbury e David Tomlinson.
Il film si basa in parte sui romanzi scritti durante la Seconda Guerra Mondiale da Mary Norton, ovvero Il magico pomo d'ottone ovvero, come diventare una strega in dieci facili lezioni e Falò e manici di scopa che uniti hanno dato vita a questo originale classico per famiglie. Pomi d'ottone e manici di scopa  racconta un episodio, romanzandolo, uno spiacevole episodio accaduto durante la Seconda Guerra Mondiale, quando il governo britannico aveva deciso di inviare i bambini e i ragazzi di Londra, nelle campagne, lontani dai bombardamenti tedeschi sulla capitale del regno. E proprio così comincia l’azione: tre bambini vengono inviati in campagna ed accolti nella casa di Miss Price, una aspirante strega, che ha deciso di fermare con una magia lo sbarco dei tedeschi sulle coste britanniche. Il film quindi mescola, forse come ancora non era mai successo prima al cinema, fatti realmente accaduti nella storia con fatti assolutamente inventati, che vogliono riscrivere la storia stessa (e il primo film che vi deve venire in mente in questo caso è proprio il finale di Bastardi senza Gloria di Quentin Tarantino).
Pomi d'ottone e manici di scopa, progetto pensato da Walt Disney negli anni ’60 e abbandonato solo dopo essere riuscito a strappare i diritti di Mary Poppins alla scrittrice Pamela Lyndon Travers (a proposito proprio su questo ultimo episodio sta per uscire Saving Mr. Banks!), ha anche vinto un Oscar per i Migliori Effetti Speciali ed in effetti anche dopo anni di distanza è incredibile che cosa siano riusciti a creare le geniali menti della Disney: scope e letti volanti, uomini che si trasformano in animali e quell’incontro dell’animazione con il live action che da troppi anni manca sugli schermi cinematografici di tutto il mondo.
Per quanto riguarda la versione italiana, c’è da dire che Lydia Simoneschi, voce della signora in giallo del piccolo schermo Angela Lansbury, dà al film quel calore familiare che ci si aspetta da un buon film natalizio. Da vedere ed apprezzare, soprattutto da grandi!

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