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martedì 1 maggio 2012

KEEP THE LIGHTS ON: RECENSIONE


Keep the Lights on”, presentato ieri in concorso al 27 Torino GLBT Film Festival, è il film che ha vinto il premio Teddy Award, riservato alla miglior pellicola a tematica gay, alla Berlinale del 2012. Applaudito a Berlino, il film di Ira Sachs, con protagonisti Thure Lindhardt, già visto nel capolavoro “Brotherhood”, e Zachary Booth, presente ieri sera a Torino, racconta la storia di Erik e Paul, conosciutisi per caso in una linea telefonica erotica, che si concedono una notte di sesso sfrenato. Quella che però doveva essere solo l’avventura di una notte si trasforma immediatamente in una affinità che porterà i protagonisti a scontrarsi con le proprie ossessioni. Sì, perché Ira Sachs, già vincitore del Sundance nel 2005 con “Forty Shade of Blue”, questa volta indaga sull’ossessione degli esseri umani.

Prendendo come spunto un trentenne che sogna di fare il regista, facendosi finanziare i film dal papà, e un giovane editor di successo, il regista di “Keep the Light on” porta a galla tutte le manie dei protagonista, con uno sguardo impietoso e mai indulgente. I tormenti continui di Erik e Paul sono raccontanti in un arco di tempo molto lungo, in una New York prima dell’ 11 settembre 2001 (la storia comincia nel 1998) fino al 2006, con intervalli di tempo di circa due anni tra un episodio ed un altro. Tutti sembrano ossessionati: Erik è ossessionato da Paul, Paul è ossessionato dalla droga e la loro relazione all’inzio così stabile diventa sempre più incerta. Consapevoli di farsi del male a vicenda, il film racconta di come, nella società moderna, nessuno voglia essere felice, rifiutando la serenità anche quando le si presenti più volte davanti.

Tra le pecche del film si possono citare delle lunghissime e forse inutili sequenze che avrebbero certamente reso più snella e coinvolgente la narrazione. Sachs comunque riesce comunque a raccontare una storia moderna, di sesso, con sguardo lucido e disincantato. 

martedì 9 novembre 2010

BROTHERHOOD: RECENSIONE


L’amore ai tempi del… neonazismo! Ecco un sottotitolo perfetto (parafrasando uno dei narratori più grandi del Novecento) per “Brotherhood - Fratellanza”, pellicola del regista italo-danese Nicolo Donato, che arriva dalle fredde terre del nord Europa vincendo nel 2009 il Marc'Aurelio d'Oro come Miglior Film al Festival del Film di Roma. Quello che il regista porta sulloschermo è una meravigliosa storia d’amore - che sia omosessuale poco importa ai fini della narrazione - in una situazione assolutamente eccezionale: all’interno di un gruppo neonazista. Con questa pellicola vi addentrerete nei meandri della becera ideologia del neo fascismo, scoprendo, grazie alle accurate ricostruzioni, come agiscono e si muovono questi gruppi nella nostra società. Non c’è la volontà, da parte di Donato, di criticare l’operato e l’ideologia della nuova destra, quello che più interessa al giovane regista è scavare a fondo la psicologia dei suoi due personaggi: Jimmy, carismatico capogruppo, e Lars, il nuovo adepto. La narrazione scorre piacevole e non scade mai nel banale, allontanandosi ed evitando gli inutili stereotipi dell’omosessuale o del nazista. L’amore in questo caso è davvero la forza che spinge ad agire, a lottare per ritrovare la propria identità all’interno di una strana situazione, in cui Jimmy e Lars sono vittime e carnefici. Se sperate di andare a vedere un “Brokeback Mountain” all’europea siete completamente fuori strada: “Fratellanza” è tutt’altro. La sceneggiatura scorre limpida e senza sbavature, non esagerando mai, riuscendo a far accettare allo spettatore le più brutali situazioni. La necessità di mantenere la segretezza del rapporto per Jimmy e Lars è di fondamentale importanza per non perdere il senso di appartenenza. L’inizio del film è la perfetta riprova di quello che succederà in seguito: un pestaggio ai danni di un ignaro giovane omosessuale. A lasciare senza fiato è soprattutto la stupenda fotografia, soprattutto nelle scene di sesso. Donato riesce a far salire l’interesse grazie ad un uso sapiente della suspence, rivalorizzando quindi uno degli elementi che dovrebbe essere cardine di ogni buon film (o anche solo scena). La crudezza, la barbaria, i comportamenti beceri sono il contro altare perfetto per una meravigliosa storia d’amore, nel mondo oscurato e oscurantista della modernità. Da vedere!, qualora riusciate a trovare una sala che lo proietti.

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