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giovedì 6 dicembre 2012

RUBY SPARKS: RECENSIONE


Un ex enfant prodige della scrittura (Paul Dano), dopo 10 anni dall'uscita del suo primo ed unico romanzo, diventato un best seller della letteratura americana, non riesce più ad avere idee per un nuovo lavoro da mettere su carta. Ecco che una notte sogna una ragazza, Ruby Sparks, e miracolosamente la donna si presenta, all'improvviso nella vita del giovane scrittore senza idee. Lo scrittore scopre anche di poter far fare alla ragazza tutto ciò che vuole, basta soltanto che lo scriva sulla pagina bianca e con la sua macchina da scrivere. Ecco l'incipit dal quale partono Jonathan Dayton e Valerie Faris per la loro opera seconda, Ruby Sparks, presentata in Festa Mobile alla trentesima edizione del Torino Film Festival.

Dopo Little Miss Sunshine, valso alla coppia un Oscar per la miglior sceneggiatura originale, ecco che Dayton e La Faris portano sul grande schermo una nuova commedia dal carattere indie, delicata e che si avvale di un ottimo cast di attori, capitanati da Paul Dano e Zoe Kazan (che tra l'altro sono una coppia anche al di là del patinato mondo della celluloide), e con l'amichevole partecipazione anche di Antonio Banderas. Con Ruby Sparks ritroviamo tutta la magia che i due registi/sceneggiatori avevano inserito nella loro opera prima, solo che questa volta al centro della scena non c'è una famiglia, ma i rapporti amorosi. Eh sì, perché l'amore è complicato, ma se uno dei due ha potere sull'altro lo sono ancora di più. La magia è proprio la chiave di tutto il film, perché si viene a creare una dicotomia tra il desiderio dello scrittore di avere al suo fianco la donna dei suoi sogni e la sua voglia di lasciare Ruby il più libera possibile di scelta. Ed ecco che la situazione comica è servita su un piatto d'argento e la risata è assicurata.

Con Ruby Sparks si riflette infatti sul difficile, anzi a volte impossibile rapporto tra i due sessi, che sfocia molte volta nella impossibilità di comunicare i propri sentimenti, soprattutto quando si è in balia dell'amore e/o di un'altra persona.

Forse il film non è all'altezza del precedente lavoro dei coniugi Dayton, ma certamente non manca a Ruby Sparks né l'originalità né il comico, per un film che può essere considerato a tutti gli effetti una delle commedie più divertenti del 2012. Fatto positivo per noi italiani inoltre è che per vederlo al cinema non sarà necessario attendere mesi: la pellicola sarà infatti distribuita a partire dal 6 dicembre prossimo.  

martedì 15 febbraio 2011

INTERVISTA COL VAMPIRO: RECENSIONE

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I vampiri… un classico senza tempo del cinema. Sin dai tempi del cinema muto i non-morti hanno sempre affascinato il mondo della celluloide, che se ne è servita a volte per creare alcuni memorabili capolavori. Intervista col vampiro” di Neil Jordan, anno 1994, è una pellicola che si colloca perfettamente nell’horror vampiresco. La storia si svolge a San Francisco nei giorni nostri. Un reporter si fa raccontare da un vampiro la sua storia e così percorriamo attraverso questo semi-mortale, la creatura vivente più vicina a dio, le tappe della costruzione del mondo moderno. Quello che vediamo sullo schermo è una sorta di romanzo di formazione a posteriori, in cui un “mostro” (anche se come si fa a definire mostro Brad Pitt, negli anni migliori della sua carriera?) si guarda a ritroso con lo scopo di rivalutare tutta la sua esistenza: una sorta di redenzione, attraverso un’intervista. Tratto dall'omonimo romanzo cult della scrittrice americana Anne Rice, “Intervista col vampiro” cattura lo spettatore in un affresco gotico che ha il pregio di rendere meno mitico e più umano il vampiro: figlio della modernità, pur essendo legato al “buon vecchio sangue creolo”. Un cast eccezionale: Brad Pitt, Tom Cruise, Kirsten Dunst, Antonio Banderas, Christian Slater spiccano su tutti, donando allo spettatore una magistrale interpretazione. Parte del merito però spetta ad un uomo, che è riuscito a ricreare un’atmosfera decadete, che accompagna tutta la narrazione. Si tratta dello scenografo italiano Dante Ferretti, per il quale ottenne una meritata nomitation all’Oscar.

martedì 30 novembre 2010

INCONTRERAI L'UOMO DEI TUOI SOGNI: RECENSIONE

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Woody Allen ci aveva illuso con "Basta che funzioni", per questo il risveglio conIncontrerai l’uomo dei tuoi sogni è ancora più brusco di quello che si poteva aspettare. Nonostante un cast stellare (Antonio Banderas, Anthony Hopkins, Josh Brolin, Freida Pinto, Gemma Jones, Naomi Watts) "Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni" si perde soprattutto nel punto di forza della migliore filmografia di Allen: la sceneggiatura, che si presenta allo spettatore sciatta, piatta e terribilmente inconcludente. La storia segue, con una scelta alquanto discutibile della voce off, le vicende di due coppie in crisi. La prima, capeggiata da un Hopkins sotto tono, come tutto il cast, è la classica coppia con 40 onorati anni di matrimonio che scoppia per colpa di lui che vuole ancora sentirsi un ventunenne; mentre la seconda è la coppia di quasi quarantenni che non riesce ad avere un figlio e si lascia tentare dalle seduzioni di un affascinante capo, lei, e una provocante e sexy vicina di casa ventenne, lui. Ad "Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni" manca la brillantezza e l’acutezza dei dialoghi. Certo sono presenti tutti i temi cari al regista, soprattutto la voglia di misticismo e la ricerca di scoprire cosa c’è dopo la vita. Comunque dimenticatevi "Io ed Annie" o "Manhattan": le battute sono poco comiche, le discussioni tra i personaggi sono poco originali e le situazioni sono poco innovative. Anche i deliri di Gemma Jones sono monotoni e i dialoghi tra l’uomo anziano e la giovane gallinella sono banali, anche se solo in queste occasioni può venir voglia di ridere. Alla fine per tutta la narrazione ci si annoia, mancando quel coupe de theatre che ognuno si aspetta da un regista geniale come (è stato!) Woody Allen. Insomma le vicende di crisi sentimentali di quest’ultimo lavoro non lasciano in bocca il sapore dolce amaro delle vere commedie alleniane. Si può salvare qualcosa? Sì, la solita bellissima colonna sonora.

martedì 9 novembre 2010

SHREK E VISSERO FELICE CONTENTI: RECENSIONI

Andare avanti con una storia e dei personaggi entrati subito nel cuore degli spettatori non è mai semplice. “Shrek e vissero felici e contenti”, in quello che è ormai l’ultimo capitolo di questa saga cominciata nel lontano 2001, conferma proprio questa regola. Questa volta le avventure a Molto Molto Lontano cominciano dalla routine quotidiana. Niente principesse da salvare o draghi da uccidere: Shrek, come si sa, ha messo su famiglia e, con i suoi tre bambini, sta vivendo nella condizione del papà, ancora giovane, che ri-vuole i suoi spazi, il suo tempo libero. Per questo motivo, decide di accettare la proposta di Tremotino, il cattivo di turno, firmando un contratto per vivere di nuovo una vera giornata da orco. Ovviamente si creerà un universo parallelo, dove Tremotino si ritrova Re e Shrek deve cercare di riprendersi la sua (tanto amata) vita. Tremotino: è proprio lui forse il problema principale di questa comunque bella pellicola. Sì, perché non è assolutamente all’altezza dei “cattivoni” precedenti, tanto che ci fa rimpiangere la crudeltà della Fata Madrina. C’è anche da dire che solo Tremotino poteva concludere la saga, dato che la storia originale di 200 anni fa circa, vuole proprio che sia stato lui a rinchiudere in un castello una principessa di nome Fiona. Certamente il personaggio, anzi tutti i personaggi risentono delle evidenti pecche a livello di sceneggiatura, tanto che, malignamente, si potrebbe pensare che alla Dreamworks abbiano solo voluto realizzare un film “ammazza-botteghino”. Il trend di tutta la storia non è per niente all’altezza dei primi due meravigliosi capitoli, ma è leggermente migliore rispetto al suo predecessore. Non c’è infatti l’originalità che si aspetta da una pellicola che già in passato ha stravolto tutte le convenzioni della favola (ed è inutile ripetere quali sono!). Ovviamente si ride, tanto e di gusto. Si passano 90 minuti piacevoli, soprattutto quando la scena è di Gatto, in versione obesa, e del sempre “rompiscatole” Ciuchino. Quello che si può sottolineare è che “Shrek e vissero felici e contenti” strizza più l’occhio ai bambini, rispetto agli adulti, che non possono godere della comicità e dell’ironia, che hanno reso i primi due capitoli “immortali”. Non c’è nessuna rivoluzione a livello di tecnologia perché anche questa volta il 3D (occhialetti e tutto il resto!) è evitabilissimo e non strettamente necessario. Il film si basa, come di consueto, sul solito happy end e la morale è scontata (“chi lascia la via vecchia per la nuova, ecc…ecc…”) anche se alla fine, nonostante tutti i possibili difetti che si possono trovare a questo capitolo conclusivo, si prova un po’ di nostalgia, il tanto agognato magone, soprattutto alla fine, perché è come se un amico vi dica: “Addio!” per sempre.

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