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sabato 14 dicembre 2013

ONLY LOVERS LEFT ALIVE - SOLO GLI AMANTI SOPRAVVIVONO: RECENSIONE


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Only Lovers Left Alive di Jim Jarmusch con Tilda Swinton e Tom Hiddleston arriva fuori concorso al 31 Torino Film Festival dopo essere stato applaudito e apprezzato al Festival di Cannes 2013. Il regista decide di re-interpretare uno dei temi più abusati nel cinema degli ultimi 10 anni, ovvero i vampiri, ma lo fa con uno stile personale e autoriale, che dona a questi mostri succhia-sangue dai canini allungati la loro ancestrale dignità.
La storia narrata è quella di Adam e Eve, due vampiri che vivono da secoli e che si amano follemente, pur vivendo a distanza. Quando gli essere umani, che i due chiamano dispregiativamente “zombie”,  cominciano a rovinarsi, infettando il proprio sangue, i due sono costretti a incontrarsi nuovamente nella moderna Detroit, per trovare ancora del sangue puro. Il declino accompagna lo svolgersi di tutta la vicenda, con Adam che ormai è stanco della sua vita eterna e vorrebbe finalmente affrontare la morte, e con Eve che cerca disperatamente di fargli cambiare idea, soprattutto ricordandogli che già in passato aveva tentato il suicidio e che, se lo avesse fatto, si sarebbe perso tutto il divertimento: Medioevo, inquisizione, guerre e carestie.
Crepuscolare e a tratti surreale, Jim Jarmusch porta sul grande schermo tutti gli stereotipi sui vampiri e, dopo anni in cui cinema e tv hanno abusato del tema, modificandone ogni volta a proprio piacimento la tradizione, è quasi un piacere riscoprire che per uccidere un vampiro basta conficcargli un paletto di legno nel cuore o che non possono vivere alla luce del sole. Mancano le bare, è vero, ma è un piccolo dettaglio che facilmente si perdona, dato che, oltre a una splendida e affascinante colonna sonora che scandisce come un giradischi lo svolgersi dell’azione, l’interpretazione dei due attori principali è semplicemente sublime: emaciati, pallidi e desiderosi di sangue, Tilda Swinton e Tom Hiddleston superano a pieni voti la prova a cui li ha sottoposti il regista.
Only Lovers Left Alive è però anche un film con una sua filosofia intrinseca, poiché riflette, in modo ironico e spiazzante, sul mondo, su ciò che è stato, su quello che è e su quello che sarà. Per questo il film, a tratti divertente, divertito e allegorico, diventa anche un modo per riflettere sulla sapienza in generale, perché i due vampiri, che hanno attraversato i millenni, hanno potuto conoscere (e li citano spesso!) tutti i più grandi artisti e scienziati che hanno fatto progredire in avanti il genere umano. Un tono malinconico pervade tutta la pellicola, che con pessimismo ragiona anche sulla nostra società, che doveva raggiungere lo splendore, ma che è ormai destinata alla decadenza, alla sopravvivenza, perché ormai si è rovinata dentro, nel sangue.

martedì 10 dicembre 2013

SNOWPIERCER: RECENSIONE


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Bong Joon-ho arriva al Festival Internazionale del film di Roma 2013 con un film post-apocalittico, Snowpiercer, ambientato interamente su di un treno che gira a tutta velocità il mondo, dopo che un disastroso climatico, causato dall’uomo, ha fatto precipitare il pianeta in una nuova era glaciale. La vita, o meglio ciò che rimane della vita che conosciamo oggi, esiste solo sui vagoni di questo treno, dove diciassette anni prima hanno trovato la salvezza i pochi e fortunati esseri umani, riusciti a comprare un biglietto per imbarcarsi. La società che vive sulla locomotiva è divisa in tre sezioni, che richiamano ovviamente alla divisione per classi, a cui ci ha abituato la storia del genere umano. La vicenda narrata in Snowpiercer è proprio concentrata tutta sull’eterna voglia di rivalsa e di riscatto della terza classe, che aspira, con le sue utopiche rivoluzioni, a sovvertire lo status quo: di sezione in sezione, di livello in livello, come in un videogioco, nel disperato tentativo di raggiungere il vertice e cambiare le cose, con un nuovo ordine.
Chris Evans, distaccandosi parecchio dalle sue precedenti interpretazioni, incarna un leader carismatico, ma al tempo stesso tormentato e dal passato oscuro, che ha accumulato odio e rabbia nei confronti di Wilfred (Ed Harris), il costruttore del mistico treno e che ha ormai come unico scopo nella vita quello di ucciderlo. A far da contorno a questo plot principale, che richiama un particolare rapporto padre-figlio, spesso affrontato sul grande schermo, ci sono una serie di figure, che aiutano il film ad uscire dai canoni del blockbuster,per essere più autoriale e intimo, dato che si riflette, in modo abbastanza problematico sulle sorti del genere umano e sulla società. Spiccano su tutti, che Tilda Swinton dimostra, se mai ce ne fosse ancora bisogno, di essere un’attrice incredibile, poliedrica e trasformista, recitando la parte del perfido ministro Octavia Spencer, super visore dell’ordine all’interno del treno e John Hurt, mentore ed eroe del passato della terza classe.
La narrazione procede spedita tra azioni violente e malesseri psicologici dei personaggi e raggiunge l’apice nel catastrofico e per nulla scontato finale, che regala comunque un barlume di speranza, una nuova via, un nuovo inizio.

mercoledì 1 agosto 2012

LA TALPA: RECENSIONE

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Il film di Tomas Alfredson era uno dei titoli più attesi a questa 68esima Mostra del cinema di Venezia. In primis perché era dato dai bookmaker come il probabile filo di apertura, sostituito poi dal glamour de “Le idi di marzo” di Clooney, in secondo luogo perché tratto da un romanzo di successo e infine per i nomi eccellenti di cui si compone il cast. Gli unici però che possono gioire per il risultato finale di questo lavoro sono i veri appassionati delle spy-story, dato che il film è ricco, anche fin troppo, di intrecci narrativi e personaggi, che però hanno la capacità di confondere chi invece si reca in sala solo per godere di un film. 

La storia di “Tinker, Tailor, Sordier, Spy - La Talpa” è tratta dall’omonimo romanzo di John le Carrè del 1974 e si ispira alla stoira di Kim Philby, il celebre infiltrato del KGB all’interno del MI6 britannico. Da questo spunto parte Alfredson per narrare la sua di storia, avvalendosi di attori (tutti uomini!, ma è ambientato subito dopo la guerra) veramente straordinari, capeggiati da un bravissimo Gary Oldman. Forse è proprio il cast (Toby Jones, Colin Firth, Mark Strong, Tom Hardy, John Hurt) a non far annoiare del tutto, dato che il livello di attenzione deve essere mantenuto sempre alto, se si ha voglia di capire qualche cosa di tutta la trama: distrarsi un secondo può essere fatale, perché il film è ridondante, come detto, di subplot. La narrazione procede in modo lineare e non cerca nemmeno per un momento di confondere le acque e le troppe spiegazioni, spezzando il ritmo del montaggio, rovinano un po’ il gioco di scoprire il colpevole, che sta alla base di ogni racconto sullo spionaggio. Nel momento in cui Alfredson abbandona le parole per dedicarsi solo a mostrare visivamente il suo film (ovvero nel finale), il livello improvvisamente si eleva e anche se per pochi minuti si può gioire di ciò che si è visto. Certo c’è da dire che il regista è anche riuscito, attraverso le immagini (merito del direttore della fotografia) a ricreare i colori plumbei del mondo della politica degli anni ‘60, quando tutto il mondo attendeva con ansia quell’apocalittica terza guerra mondiale che, fortunatamente, non ha mai visto la luce. Non esaltante, ma c’è di peggio!

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