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mercoledì 1 agosto 2012

KILLER ELITE: RECENSIONE


Postato anche su Film4Life...

Frasi ad effetto e sguardo da duri non sempre fanno rima con film action, anzi, spesso sono sinonimo di mancanza di idee. Killer Elite appartiene a questa seconda categoria, segnando l’esordio al lungometraggio del regista Gary McKendry (in uscita nelle sale italiane il primo giugno), che ha toppato al botteghino americano chiudendo con appena 25 milioni di dollari la sua avventura a stelle e strisce. McKendry vuole portare sullo schermo un thriller che è anche una spy story, ambientando il tutto all’inizio degli anni ’80, puntando sulla tensione per l’oro nero tra occidente e mondo arabo, portando sul grande schermo la storia di killer professionisti, mercenari ingaggiati dai governi o da sceicchi per sbarazzarsi dei proprio nemici.

Il film tenta di giocare, come sanno fare solo i grandi sceneggiatori/registi, giusto per capirci quelli che sanno come si fa il Cinema, con il ribaltamento della situazione. In qualsiasi momento, un personaggio può ritrovarsi da cacciatore a preda e viceversa, ma il tutto è trattato con troppa superficialità e tanta confusione, che porta lo spettatore solo ad innervosirsi, a guardare l’orologio e chiedersi: “Perché continua ancora questo strazio?”.

Quando sul cartellone pubblicitario si legge “Jason Statham” e “Clive Owen” (e ricordiamo anche che c’è anche Robert De Niro) del resto, l’unica cosa che ci si aspetta, sono tante esplosioni, tante “mazzate e tanto sangue e il film di Gary McKendry ha tutto questo, peccato che poi vuole umanizzarsi e, come lo stesso regista ha dichiarato, inserisce nella storia un lato umano, che sa di retorica spicciola, tanto da risultare stucchevole e a volte anche fin troppo ridondante. Del resto i personaggi principali così come i protagonisti non sono altro che degli stereotipi visti e rivisti nel cinema, soprattutto negli action-thriller sulle guerre internazionali tra mondo occidentale e mondo arabo. Purtroppo la pellicola non si salva nemmeno con la scritta ad inizio e a conclusione del film che ricorda ai telespettatori che si tratterebbe di una storia vera.

Il titolo comunque rimane un colpo di genio, se vogliamo proprio trovare qualche cosa di geniale in questo film. Infatti come non pensare ad un remake del più celebre “Killer Elite”, anno 1975, spy story targata Sam Peckinpah con Robert Duvall, James Caan e Arthur Hill: purtroppo per il “Killer Elite” del 2012 non ha nulla del suo predecessore.

mercoledì 9 febbraio 2011

JACKIE BROWN: RECENSIONE

Postato anche su Voto10... 

Jackie Brown è una hostess attraente che commercia illegalmente denaro per Ordell Robbie, un contrabbandiere d’armi. Ordell ha come socio Louis Gara, un frastornato ex galeotto, e Melanie, una bionda sballata e fra le nuvole. Jackie viene arrestata dopo un viaggio in Messico da due poliziotti del reparto antifrode sulle tracce di Ordell. In cambio della libertà si decide a collaborare con la polizia. Dotata di attrattiva e sangue freddo la signora Brown ingannerà agenti e malviventi, riscuotendo il denaro di Ordell e abbagliando con la sua avvenenza un garante di cauzioni. Questa è la trama del terzo film dell’ancora giovane Quentin Tarantino, “Jackie Brown”, datato 1997, il film più lineare del poliedrico regista. La pellicola ha il merito di far conoscere alle generazioni degli anni Novanta, un genere molto in voga circa venti anni prima: il Blaxploitation. Questo genere degli anni Settanta, assolutamente a basso costo e con attori e registi prevalentemente afro-americani, deriva dalla fuzione delle parole inglesi “black” (nero) ed “exploitation” (sfruttamento): infatti per molti anni gli stessi registi ed attori appartenenti a questo genere rifiutarono il termine perché considerato offensivo e razzista. Tarantino ovviamente nel 1997 dimostra al mondo quanto sia bravo nel realizzare un film di genere, affidando la parte di protagonista alla regina del Blaxploitation: Pam Grier. Attorno alla bravissima attrice ruota un cast anch’esso d’eccezione fatto da Robert Forster, Robert De Niro, Samuel L. Jackson, Michael Keaton e Bridget Fonda.“Jackie Brown” è un omaggio alla sceneggiatura, anche se, come detto, i fan più tarantiniani potrebbero accusare il regista di aver realizzato un’opera troppo semplice, sicuramente meno pulp de “Le iene” e “Pulp Fiction”. Eppure c’è tutto il meglio di Tarantino: dialoghi brillanti, regia fatta di lunghi piani-sequenza, e cambi continui del punto di vista dei vari personaggi.Insomma un altro cult da aggiungere alla propria filmografia, data l’ottima prova del sempre geniale regista di Knoxville.

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