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lunedì 9 dicembre 2013

PRINCE AVALANCHE: RECENSIONE


Postato anche su Four Magazine... 

Prince Avalanche di David Gordon Grenn è stato presentato e ha vinto il leone d’argento per la miglior regia alla Berlinale 2013 e è stato selezionato come fuori concorso al Torino Film Festival 2013 perché è il remake di Either Way, pellicola islandese che nel 2011 aveva incantato la città piemontese, vincendo il premio come Miglior Film. Alvin (Paul Rudd) e Lance (Emile Hirsch) trascorrono l’estate sulle colline per dipingere le strisce di una strada, andate distrutte dopo un devastante incendio. Questa solitudine forzata porta i due protagonisti a confrontarsi con le proprie ansie e paure, ma anche a rivedere in modo più distaccato la propria vita. Alvin e Lance sono due personaggi in divenire, apparenmente sicuro e certo del suo futuro il primo, irrequieto e senza speranze il secondo. Come la strada che stanno facendo ritornare alla normalità, attraverso la segnaletica, i due protagonisti, costretti a vivere fianco a fianco, scopriranno nuove realtà, affrontandosi anche bruscamente e senza alcun tipo di retorica e/o riverenza.
David Gordon Green ha però ben chiara la strada che vuole  far prendere al suo film e riesce nell’operazione difficile di far rimanere lo spettatore incollato allo schermo, nonostante la presenza di pochissimi personaggi; operazione che riesce solo quando una sceneggiatura è scritta alla perfezione e quando la padronanza assoluta della storia ti permette di rendere al meglio le situazioni e i personaggi, anche solo in una scena di disperazione, di ilarità, di dialogo. I luoghi sinistri e devastati dall’inferno sono la metafora perfetta per le anime inaridite di Alvin e Lance, che però, situazione dopo situazione, striscia dopo striscia, come la natura, tornano a poco a poco a germogliare. Prince Avalanche è certamente un film che fa riflettere, anche perché nei malinconici scenari non c’è possibilità di mentire e la verità viene sempre a galla. Però c’è un modo per salvarsi essere sinceri: sinceri sono costretti ad essere i personaggi di Gordon Green e sincero è il film che il regista ha realizzato.

mercoledì 1 agosto 2012

L'ORA NERA 3D: RECENSIONE

Postato anche su Film4Life... 

La cosa positiva in un film come “L’ora nera 3D” è indubbiamente la durata. Una volta usciti dal buio della sala cinematografica, una volta levati i fastidiosi occhiali 3D, il sollievo di sapere che la pellicola dura appena 89 minuti fa applaudire al regista, che ha deciso di non prolungare lo strazio per lo spettatore ancora per qualche altro minuto. Insomma il risultato finale di questo film, diretto da Chris Gorak, e che si avvale di una guest star come Emile Hirsh e di attori (ormai non più troppo) emergenti come Olivia Thirlby e Max Minghella, è davvero poco accattivante sotto tutti i punti di vista. Intanto il titolo: viene da chiedersi perché il film su una invasione aliena debba chiamarsi “L’ora nera”, tra l’altro questa volta il titolo italiano rispecchia quello inglese che è “The Darkest Hour”. In effetti non ha molto senso con tutta la storia.

Ma di cosa parla la storia? Cinque ragazzi si ritrovano a Mosca e qui all’improvviso degli alieni che si nutrono di elettricità invadono la Terra, disintegrando e facendo diventare polvere gli esseri umani. Il film insomma inizia con una carneficina. I 5 ragazzi che seguiamo nel corso della narrazione ovviamente riescono a scampare al primo attacco alieno e sono tra i pochi sopravvissuti del pianeta Terra e si metteranno alla ricerca di un modo per sopravvivere.

Il film è insomma una copia tra l’altro nemmeno en riuscita delle pellicola degli anni Novanta di registi come Rodriguez. Ci sono dialoghi fastidiosi, con una retorica difficilmente digeribile. Inutile raccontare le voragini che ci sono a livello di sceneggiatura: ad esempio gli alieni non percepiscono gli uomini attraverso il vetro perché il vetro è un isolante, però riescono a vedere i nostri protagonisti anche se sono ad una finestra, perché serve a mandare avanti la storia. La sceneggiatura (purtroppo) è scritta da Jon Spaihts, che al momento non vi dirà nulla come nome, ma che tra qualche mese quando uscirà “Prometheus” di Ridley Scott potreste anche odiare, soprattutto se anche quella sceneggiatura di un film abbastanza atteso è come quella de “L’ora nera 3D”. 

KILLER JOE: RECENSIONE

Postato anche su Film4Life... 

Ci sono film che basta vederli una volta per capire che hanno la forza per diventare dei cult-movie, anche se ancora recenti e da metabolizzare per gli spettatori di tutto il mondo. Questo è il caso di “Killer Joe” ultimo lavoro di William Friedkin, presentato in concorso alla 68esima edizione della mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Basta infatti assistere alle prime scene per capire che si ha di fronte un piccolo capolavoro di cinema, che farà letteralmente impazzire i fan del genere splatter, anche se poi di sangue ce n’è davvero poco. Il film racconta la storia di Chris e del suo folle piano per racimolare in fretta seimila dollari, uccidendo la madre e godendo della sua polizza sulla vita. L’odio per la madre è giustificato perché il giovane spacciatore si trova nei guai proprio perché la donna gli ha sottratto la scorta di droga, che avrebbe fruttato seimila dollari. D’accordo con il padre e la sorella Dottie, beneficiaria dell’assicurazione, il ragazzo assolve un killer, il detective Joe Cooper, per assolvere al compito. 

Siamo di fronte ad una narrazione delirante che si accompagna a scene che di per sé valgono il pagamento del biglietto del cinema. Ci sono alcuni momenti durante la pellicola di cui sicuramente si parlerà (tra i cinefili) per molto tempo, al pari delle scene create dai film di Tarantino o dei fratelli Coen a cui Friedkin guarda, senza nemmeno nasconderlo troppo. Il successo del film arriva anche grazie all’ottima scelta del cast (Thomas Haden Church, Emile Hirsch, Matthew McConaughey, Juno Temple, Gina Gershon) e all’ottima regia che non si perde mai nel caos delirante della storia, riuscendo sempre a mantenere le redini del discorso. La pellicola è grottesca, divertente, insomma da non perdere!

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