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martedì 17 dicembre 2013

LO HOBBIT - LA DESOLAZIONE DI SMAUG: RECENSIONE

Essere obiettivi quando c’è di mezzo l’accoppiata vincente Tolkien/Jackson è davvero difficile e per questo forse ho aspettato quasi una settimana prima di buttare giù quattro righe di recensione su “Lo Hobbit – La desolazione di Smaug”, secondo capitolo della trilogia tratto dal romanzetto “Lo Hobbit”. Quasi una settimana per confermare ciò che ho percepito sin dal primo frame apparso sul grande schermo: dei 5 film che Peter Jackson ha realizzato dal mondo di tolkieniano questo è certamente il meno riuscito (non dico brutto perché forse l’aggettivo non si addice molto ad una recensione). Le attese, considerando quello che avevo letto sui siti americani, erano indubbiamente alte, dato che grandi riviste come Variety, Empire o Hollywood Reporter avevano osannato il nuovo film della saga. L’entusiasmo era quindi alle stelle, peccato che poi durante le quasi tre ore di film, la gioia di rivedere elfi, nani e hobbit è andata scemando piano piano nella lentezza e eccessiva durata del film.
Partiamo subito però dalle cose positive, giusto perché forse sono quelle che poi ti danno la forza di attendere comunque ancora la terza e conclusiva pellicola, su cui credo tutti quanti riponiamo le nostre ultime speranze: Smaug è semplicemente il miglior drago mai visto finora sul grande schermo; tecnicamente “Lo Hobbit – La desolazione di Smaug” è un film impeccabile. STOP! Null’altro da salvare.
Dopodiché si può già passare alle critiche. Partendo immediatamente dall’inutilità di Beorn che ne Lo Hobbit di Tolkien è certamente uno dei personaggi più riusciti del romanzo: sprecato. Forse per non commettere lo stesso errore fatto con Tom Bombadil  ne “Il signore degli anelli”, Peter Jackson e la sua squadra di sceneggiatori hanno deciso di inserire comunque il personaggio del mutaforma Beorn (tra l’altro nulla da dire sulla magnificenza di trucco e costumi), ma lo insultano relegandolo a una particina secondaria, giusto una apparizione anche irrilevante e abbastanza fastidiosa per chi ama follemente il mondo di Arda.
L’altro pasticciaccio brutto riguarda gli elfi. La prima tiratina di orecchi va ai doppiatori italiani: l’elfico è poesia, basta andare a risentire i primi trenta secondi de “Il signore degli anelli” per ricordarlo, eppure in tutti e due i film de “Lo Hobbit” i doppiatori italiani hanno STUPRATO la inebriante, incantevole, seducente e piacevole lingua elfica. Ma quello che più risalta agli occhi, facendo urlare allo scandalo sono proprio il trucco e parrucco degli elfi: sinceramente ho visto di meglio a carnevale o in un Cosplay.
Altro capitolo andrebbe poi scritto sulla confusione della trama, almeno per le prime due ore di film. Se non fosse per gli ultimi 40 minuti (quelli di Smaug), infatti si uscirebbe dal cinema con un’ansia e uno smarrimento totale, dato che all’inizio per rimpolpare il piccolo romanzo di Tolkien, Peter Jackson inserisce di tutto (troppo!), prendendosi delle licenze poetiche e inventando di sana pianta degli episodi, che avrebbe potuto distruggere completamente la trilogia del Signore degli Anelli, a causa delle possibile contraddizioni, che fortunatamente non ci sono (ma è mancato davvero poco!).
Inoltre c’è da aggiungere infine che il regista si fa prendere troppo la mano dagli effetti speciali. L’uso del 48 hfr 3D che riproduce quasi fedelmente la profondità dell’occhio umano, è inutile nelle parti troppo computerizzate, che ricordano troppo da vicino l’inizio di qualsiasi videogioco. Si passa con troppa nonchalance da una scena iper-reale ad un’altra iper-fantastica: ancora tanto caos per il nostro povero occhio umano.

Purtroppo da salvare c’è ben poco e Lo Hobbit non sarà mai Il signore degli anelli (Sì, è un’ovvietà che avevo bisogno di sottolineare, soprattutto a me stesso!!!)

giovedì 10 gennaio 2013

SCONTRO TRA TITANI: RECENSIONE


Postato anche su Voto10.it

Vederlo al cinema in 3D o sullo schermo di casa in due dimensione, non cambia ciò che si può dire di “Scontro tra Titani”; rimane un film scadente, approssimativo e un’occasione sprecata, considerati i milioni di dollari investiti.La storia narrata è quella di Perseo, il solito semi-dio figlio di Zeus,  che cerca di salvare il mondo dal malvagio Ade, che nei primi dieci secondi di narrazione gli uccide tutta la famiglia umana che lo ha adottato. Ovviamente la pellicola di Luois Leterrier non ha nulla, ma proprio nulla, dei grandi kolossal nati tra Hollywood e Cinecittà del post-guerra. 
Epico sì, ma solo per la materia trattata, solo perché i nomi dei personaggi principali compaiono nella mitologia grego-romana. Poi per il resto è un film che con quelle storie non c’entra nulla. Inutile ricordare gli errori commessi (ad esempio chiamare le tre Parche con il nomignolino di “streghe”), anche perché errare è umano: peccato che però i dialoghi sembrano essere stati scritti da uno studente di terza elementare e nemmeno visivamente (escludendo il personaggio di Medusa) è un granché questo lavoro. La regia poi è solo concentrata nel mostrare al telespettatore delle continue inquadrature aeree, spettacolari all’inizio, noiose dopo un po’.
Eppure guardando i nomi del cast (Sam Worthington, Gemma Arterton, Liam Neeson, Ralph Fiennes, per fare qualche nome!) il risultato doveva e poteva essere decisamente migliore. In attesa del secondo capitolo, ci sarà un secondo capitolo!, inutile dire che “Scontro tra Titani” è sconsigliabile a tutti i veri appassionati di cinema. Recuperate qualche film dal passato, se proprio avete voglia di mitologia!

giovedì 29 novembre 2012

LE 5 LEGGENDE: RECENSIONE


Le 5 leggende è il film "natalizio" della Dreamworks, in uscita nelle sale italiane il 29 novembre 2012 e che ha il sapore proprio di una buona favola da gustare sotto le luci colorate di un albero, magari accanto accanto al camino. Il film, che trae ispirazione dai romanzi di William Joyce, racconta la storia di Jack Frost e di come sia riuscito a diventare un Guardiano dei bambini. Babbo Natale, il Conglietto di Pasqua, la Fatina dei denti e Sandman infatti altro non sono che dei super-eroi, che hanno il compito di proteggere i bambini. Quando uno spirito maligno, "L'Uomo Nero", lancia il guanto di sfida per conquistare il mondo, i Guardiani riunicscono, per la prima volta, le loro forze per proteggere le speranze, le fantasie e le convinzioni dei bambini di tutto il mondo, anche perché senza tutto ciò sono destinati a dissolversi nel nulla. Jack Frost, il protagonista de Le 5 Leggende, viene chiamato, scelto dall'Uomo della Luna, il saggio osservatore del mondo che decide chi può diventare un Guardiano, con loro a combattere questa nuova minaccia.

Le 5 Leggende altro non è che il soltio romanzo di formazione, portato sul grande schermo, con un super eroe che deve scoprire il proprio passato, capire fino in fino chi è, combattere la sua battaglia contro un nemico reale, sconfiggere le sue paure e diventare ciò a cui è stato predestinato. Di pellicole così ce ne sono a migliaia nella storia del cinema e, anche questa volta, Christopher Vogler sarebbe orgoglioso di come questa sceneggiatura è stata strutturata, dato che il protaognista principale segue, punto per punto, il suo manuale de Il Viaggio dell'Eroe, che tutti i veri appassionati di cinema hanno letto e conoscono. Nonostante non si scada mai nel retorico, il film punta e forse trova la sua forza proprio nell'elevare alla massima potenza i valori universali come i sogni, le speranze e il senso di meraviglia, che appartengono ad ogni essere umano.

Peccato che la Dreamworks si sia concentrata questa volta solo su un pubblico di bambini. Infatti, nonostante dietro la realizzazione de Le 5 leggende ci sia tutto il team di Shrek e Kung Fu Panda, il film, tranne qualche piccola battuta sparsa durante la narrazione non colpisce più di tanto il pubblico adulto, abituato ormai a ben altro dal cinema di animazione degli ultimi 10 anni.

Inoltre c'è da dire che il film si rifà, a volte prendendo spunto, a volte spudoratamente copiando, ai grandi classici di animazione Disney e a grandi registi contemporanei come Tim Burton. Le 5 leggende, diretto da Peter Ramsey, si avvale comunque di un cast di attori di eccezione, almeno della versione americana, capitanati da Jude Law, che interpreta il cattivo Uomo nero, Alec Baldwin, Chris Pine, Hugh Jackamn e Isla Fisher. 

venerdì 3 agosto 2012

TWIXT: RECENSIONE


Postato anche su Film4Life... e premetto che è uno dei miei film preferiti in ASSOLUTO... sicuro in una TOP 50!!!

Quando un grande regista decide di sperimentare è sempre uno spettacolo. Non fa eccezione nemmeno il nuovo lavoro del grande maestro Francis Ford Coppola, che per la prima volta si cimenta nella realizzazione di una pellicola in cui è presenta un uso (moderato e sapiente) della (stra)abusata tecnica del 3D. Con "Twixt", film di chiusura insieme ad Albert Nobbs di questa 29esima edizione del Torino Film Festival, il registra Francis Ford Coppola ci accompagna in un mondo fatto di vampiri, streghe e atmosfere da romanzi horror di metà Ottocento.

Non è un caso il riferimento al secolo della decadenza dato che il protagonista, uno scrittore da due soldi, interpretato da Val Kilmer, trova in Edgar Allan Poe la sua guida per risolvere un caso di omicidio. Allan Poe in versione virgiliana, che accompagna il protagonista di "Twixt" verso la redenzione, come il sommo poeta latino ha fa nella Divina Commedia con Dante Alighieri.

Da sottolineare subito che non si tratta di un film in 3D. Le scene che utilizzano la tecnologia degli occhialetti sono solo due e Francis Ford Coppola per avvertire il suo spettatore di indossare gli occhiali utilizza una tecnica metacinematografica che poteva venire in mente solo ad un genio della settima arte. La storia è avvincente ed appassionante e si avvale di un cast che si cala perfettamente nelle atmosfere dark della pellicola.

Ovviamente una menzione speciale va dedicata ad Elle Fanning, la nuova diva nascente di Hollywood, che con il suo fascino etereo, è semplicemente straordinaria in ruoli demoniaci. La storia è oniricamente ispirata, con una sceneggiatura sapientemente articolata. L'unica cosa che c'è da augurarsi è che il film invada presto le sale italiane. Del resto quella di Torino di oggi è un'anteprima europea. 

mercoledì 1 agosto 2012

TITANIC 3D: RECENSIONE


Postato anche su Film4life...

L’effetto, dopo aver rivisto al cinema “Titanic”, anche se in 3D, è sempre lo stesso: emozioni allo stato puro. Chi ama la settima arte infatti non potrà certamente perdersi al cinema il ritorno di uno dei film che ha incassato di più nella storia del cinema. La pellicola di James Cameron con Kate Winslet e Leonardo DiCaprio ritorna al cinema per celebrare il centenario del naufragio più celebre nella storia della navigazione.

Sono passati però ben 15 anni, era il dicembre del 1997, da quando per la prima volta Rose DeWitt Bukater e Jack Dawson facevano la loro comparsa nella storia del cinema. Nel 2012, James Cameron ha deciso di trasformarli, regalando loro la tanto agognata terza dimensione, che è la moda dell’ultimo momento ad Hollywood. La magia del film rimane intatta, ma si può azzardare che il 3D è assolutamente inutile, dato che non aggiunge nulla al film, anzi fa perdere la nitidezza delle immagini, scurendole. Aggiungiamoci anche che non è il miglior 3D realizzato da Cameron, dato che molte volte i personaggi appaiono “trasparenti”.

Nonostante il 3D però grazie al “Titanic” si ritorna indietro nel tempo. Anche guardando la computer grafica utilizzata nel film, sembra davvero di trovarsi nella preistoria del cinema digitale, considerando la perfezione raggiunta negli ultimi anni. Sorriso e malinconia che si confondono: è anche questo il Titanic.

Inutile dire che vedendo il film ognuno di voi penserà a com’era 15 anni fa ed è anche inutile negare che la pellicola sarà soprattutto vista di nuovo al cinema dai teen-agers del 1997. Infatti anche se Cameron ha dichiarato più volte di aver portato di nuovo alla luce il relitto del Titanic per i nati dopo il 1990, è quasi impossibile pensare che orde di 14enni del 2012 si rechino in sala per vedere un giovanissimo Leonardo DiCaprio. Un film da consigliare a tutti, se non altro per rivedere ancora una volta sul grande schermo il primo ed ultimo viaggio della nave dei sogni. 

THE LORAX - IL GUARDIANO DELLA FORESTA: RECENSIONE


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“The Lorax – Il guardiano della foresta” è il nuovissimo lavoro tagato Universal e Illumination Entertainment, che cerca di ripetere i fast di “Cattivissimo Me”. Il film porta sul grande schermo una delle favole più amate dagli americani, ovvero un racconto scritto dal Dr. Seuss, che ha regalato al cinema, nel corso degli ultimi anni, un bacino di storie e di personaggi dal quale attingere per sbancare il botteghino.


Il cartoon arriverà in Italia solo a partire dall’1 giugno prossimo, ma negli Stati Uniti d’America, nel primo week end di programmazione si è portato a casa 70 milioni di dollari, un risultato sopra ogni più rosea aspettativa. La storia del coloratissimo film è quella di Ted, un ragazzo che cerca di capire come mai il mondo è tanto inquinato. Il ragazzo scopre che dietro all’inquinamento terrestre c’è il cattivissimo Once-ler, una piccola creatura che danneggia ogni albero che trova sul suo cammino per impossessarsi delle Ciuffoie, causando il degrado ambientale.


Il piccolo Ted incontrerà quindi The Lorax, un personaggio peloso e che è il punto di forza del film, che lo aiuterà a sconfiggere Once-ler. La voce  in originale e anche in italiano sarà quella di Danny De Vito, che ha accettato di partecipare anche al doppiaggio italiano del film. Ovviamente la computer grafica, il celebre CGI, raggiunge e si migliora nella pellicola della Universal diventando sempre più naturale. Con il messaggio ecologista, senza troppa retorica, si invitano i telespettatori a riflettere sull’importanza della natura. Per famiglie: da vedere! 

L'ORA NERA 3D: RECENSIONE

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La cosa positiva in un film come “L’ora nera 3D” è indubbiamente la durata. Una volta usciti dal buio della sala cinematografica, una volta levati i fastidiosi occhiali 3D, il sollievo di sapere che la pellicola dura appena 89 minuti fa applaudire al regista, che ha deciso di non prolungare lo strazio per lo spettatore ancora per qualche altro minuto. Insomma il risultato finale di questo film, diretto da Chris Gorak, e che si avvale di una guest star come Emile Hirsh e di attori (ormai non più troppo) emergenti come Olivia Thirlby e Max Minghella, è davvero poco accattivante sotto tutti i punti di vista. Intanto il titolo: viene da chiedersi perché il film su una invasione aliena debba chiamarsi “L’ora nera”, tra l’altro questa volta il titolo italiano rispecchia quello inglese che è “The Darkest Hour”. In effetti non ha molto senso con tutta la storia.

Ma di cosa parla la storia? Cinque ragazzi si ritrovano a Mosca e qui all’improvviso degli alieni che si nutrono di elettricità invadono la Terra, disintegrando e facendo diventare polvere gli esseri umani. Il film insomma inizia con una carneficina. I 5 ragazzi che seguiamo nel corso della narrazione ovviamente riescono a scampare al primo attacco alieno e sono tra i pochi sopravvissuti del pianeta Terra e si metteranno alla ricerca di un modo per sopravvivere.

Il film è insomma una copia tra l’altro nemmeno en riuscita delle pellicola degli anni Novanta di registi come Rodriguez. Ci sono dialoghi fastidiosi, con una retorica difficilmente digeribile. Inutile raccontare le voragini che ci sono a livello di sceneggiatura: ad esempio gli alieni non percepiscono gli uomini attraverso il vetro perché il vetro è un isolante, però riescono a vedere i nostri protagonisti anche se sono ad una finestra, perché serve a mandare avanti la storia. La sceneggiatura (purtroppo) è scritta da Jon Spaihts, che al momento non vi dirà nulla come nome, ma che tra qualche mese quando uscirà “Prometheus” di Ridley Scott potreste anche odiare, soprattutto se anche quella sceneggiatura di un film abbastanza atteso è come quella de “L’ora nera 3D”. 

LO SCHIACCINOCI 3D: RECENSIONE


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Chi non conosce la storia de “Lo schiaccianoci” dello scrittore Ernst Hoffman? Chi non ha sentito almeno una volta nella vita le musiche del famoso balletto di Pëtr Il'ič Čajkovskij, ispirato al racconto di Hoffman? E chi non ha visto il film di Andrei Konchalovsky de “Lo schiaccianoci 3D”? Ecco se a quest’ultima domanda avete risposto no, state tranquilli non vi siete persi nulla, anzi, per non rovinarvi la magia della storia scritta e ballata, che rappresenta una bella fiaba natalizia, è meglio non andare al cinema per vedere questo film. La storia del principe trasformato in un pupazzo dal malvagio re dei topi, viene dal regista Andrei Konchalovsky ripresentata al pubblico in versione cinematografica e con le musiche di Čajkovskij.

La storia è sempre la stessa e il regista russo si serve della stella nascente del cinema americano Elle Fanning, ma il risultato è pessimo. Intanto il 3D è inutile e anche in 2D è tranquillamente guardabile. Il film è fatto solo per un pubblico infantile, anche se sarebbe giusto vietarlo a tutti quelli che hanno già compiuto i sei anni. Il doppiaggio italiano è tremendo, fastidioso, tanto da far sperare fin dalle prime battute che qualcuno bruci quell’ìinsopportabile schiaccianoci. La sceneggiatura è piatta e non coinvolge per niente e non si sente l’atmosfera magica e i tormenti dei personaggi del racconto originale. Qualcosa poi veramente di insopportabile è il modo in cui è stata affrontata la colonna sonora. Infatti le meravigliose musiche di Čajkovskij vengono riprese nel film e, in stile disneyano, vengono proposte allo spettatore con dei testi banali, che fanno sgranare gli occhi agli spettatori. Insomma la battuta è facile, volgare e inevitabile: lo schiaccianoci rompe le “noci”!

mercoledì 9 marzo 2011

GNOMEO E GIULIETTA: RECENSIONE

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Uno dei classici della storia della letteratura mondiale, “Romeo e Giulietta”, ritorna per l’ennesima volta al cinema, questa volta in computer grafica e con l’ormai abusata terza dimensione. Questa volta la storia di “Gnomeo e Giulietta”, diretta dal regista Kelly Asbury, già cimentatosi nel CG con “Shrek 2”, è ambientata a Verona Drive, dove due famiglie di gnomi da giardino i Montague (dal colore blu) e i Capulet (dal colore rosso) si sfidano in una faida familiare. Il film ovviamente ricalca in toto la tragedia shakespeariana, affrontando il tutto per un pubblico principalmente per bambini. Quando l’amore tra Gnomeo e Giulietta sboccia, i due dovranno cercare di superare la staccionata che separa i loro due mondi, per cercare di trionfare sull’odio. 

Il prodotto finale è una pellicola di qualità, soprattutto dal punto di vista della grafica. Sono lontani i tempi in cui era solo la Pixar a donare fluidità nei movimenti ai suoi personaggi. Anche questo lavoro, tutto made in England, racconta di un mondo dell’animazione ormai vero dominatore dei botteghini cinematografici. Sì, perché queste pellicole, come anche Rango o Rio, di prossima uscita, divertono i più piccoli, ma strizzano l’occhio anche agli adolescenti, riuscendo a portare in sala un numero elevato di spettatori. A differenza poi delle nostre Winx, anche la sceneggiatura è ad un livello molto elevato con divertenti le citazioni di film famosi e le gag comiche, e gioca, non solo con i protagonisti, ma con tutti i personaggi secondari, ben strutturati e che creano divertimento solo per l’aspetto fisico. Ovviamente l’idea di immaginare una miriade di personaggi è un modo geniale per invadere, con garbo e in modo giustificato, i negozi di giocattoli, con un merchandising, che potrebbe addirittura essere più redditizio del film stesso. 

Altra piacevole nota, in tutti i sensi, è la colonna sonora. Elton John fa da sottofondo alle scene del film con le sue canzoni più celebri: Crocodile Rock, Saturday Night’s Alright for Fighting, Don’t Go Breaking My Heart, Love Builds A Garden, Your Song, Rocket Man, Tiny Dancer, Bennie and The Jets, Sorry Seems To Be the Hardest Word e addirittura duettando con la star del mondo, Lady Gaga, in Hello Hello. Il film poi ha il pregio di non sfociare mai nel musical, cosa da non sottovalutare dato che comunque a fine pellicola comprare il marchio Walt Disney 

Ma arriviamo alle “note” stonate: il doppiaggio italiano. Sì, perché ci si chiede a chi sia venuta in mente di far parlare i simpatici gnometti in tutti i dialetti della penisola, dividendo i due giardini in Nord (i blu di Gnomeo) e in Sud (i rossi di Giulietta). Un’idea fastidiosa, anche perché sembra che il nostro cinema debba per forza rimarcare questa differenza per poter far ridere. Il doppiaggio disturba e rovina molti momenti, diventando addirittura incomprensibile per i bambini (non stupitevi se vi chiederanno spesso: “Che ha detto???”). Poteva essere simpatica l’idea di caratterizzare solo qualche piccolo gnomo con un dialetto - funziona ad esempio la parlata romanesca del fenicottero “Piuma Rosa”, doppiata da Francesco Pannolino - ma sentire Giulietta dire “baciamo le mani” o Gnomeo dire “uè bauscia” non è veramente accettabile. Qualcuno potrebbe dire che magari anche in originale hanno caratterizzato i personaggi con accenti di un diverso inglese. Ma vi immaginate gente del calibro di James McAvoy, Emily Blunt, Michael Caine, Maggy Smith, Ozzi Osbourne, Jason Statham a farlo? Beh, risposta semplice: NO!

sabato 26 febbraio 2011

RANGO: RECENSIONE




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Sceneggiatura che vince non si cambia! Forse il sottoscritto è troppo legato ad un’idea antica di cinema. Quel cinema fatto di storie, poche inquadrature, pochi set… Romanticismo, insomma! Ricordare quel modo “desueto” di fare film, aiuta a vedere la realtà dei fatti: la tecnologia cambia, ma il linguaggio del cinema rimane immutato nel tempo. 

L’esempio lampante è “Rango”, ultimo film d’animazione in ordine di tempo realizzato dal caraibico Gore Verbinski. Perché “Rango” è un bel film? Perché contiene in sé tutti i trattati più importanti sulla sceneggiatura, dal “Viaggio dell’eroe”, passando per “Come scrivere una grande sceneggiatura” della mitica Linda Seger. Un esempio pregnante di ciò che si dovrebbe insegnare nelle scuole di cinema, almeno nelle classi di sceneggiatura. 

Sceneggiatura che vince non si cambia, si diceva all’inizio. Certo le storie sono tutte diverse. Volendo semplificare al minimo indispensabile gli avvenimenti, arrivando al nocciolo della questione, si avrebbero però giusto tre, massimo quattro script con cui confrontarsi. In “Rango” la scelta è molto semplice: il protagonista si finge un eroe agli occhi dei suoi nuovi “amici”! Quanti film avete visto con questa trama? Vi assicuro che sono parecchi. Ne basterà citare due, a cui, volente o nolente, il buon Verbinski si deve essere ispirato per rendere godibile al pubblico il suo coloratissimo camaleonte: “Hercules”, Disney, anno 1997; “A Bug’s Life”, Pixar, 1998. È innegabile quanti plurimi riferimenti (o se volete citazioni) ci siano in “Rango” di questi due lavori: personaggi, situazioni, battute, li ricordano da vicino. Certo il modo di raccontare è molto diverso da quello degli anni Novanta e “Rango” è all’altezza dei film a lui contemporanei. Il mondo è più veloce, comico, malizioso, simpatico, meta-cinematografico a volte, ma il tutto mantiene uno schema alla base, nella storia, inalterato rispetto ai due predecessori. 

C’è davvero di tutto: azione, psicologia, doppi sensi (anche troppi per i bambini), commedia, momenti romantici, nostalgia, paura del futuro… insomma un vero trattato di buon cinema. Ci si potrebbe anche soffermare sugli altri temi (l’influenza dell’uomo sulla natura, la sopravvivenza, trovare un’identità nel mondo), ma è meglio che ogni spettatore scopra da solo le meraviglie di questo “educativo” film. 

Avvalendosi della voce di Johnny Depp, ovviamente, “Rango” stupisce anche per le musiche, scritte da Hans Zimmer, che ricordano i capolavori di Sergio Leone. Del resto era impensabile non inserire scene tratte da “La trilogia del dollaro”, considerando che la storia è ambientata nel vecchio West.

P.s. potete anche leggere l'IMPOƧƧIBLE INTEЯVIEW fatta a RANGO su Film 4 Life... Buona lettura

sabato 12 febbraio 2011

SANCTUM 3D: RECENSIONE

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Il thriller d'avventura “Sanctum 3D”, prodotto dal signor James Cameron, racconta la storia di una squadra di speleologi che esplorano caverne sottomarine situate nel sistema di grotte più insidioso, inesplorato e meno accessibile al mondo. Una tempesta tropicale li obbliga a cercare rifugio all'interno di una grotta, molto in profondità. Da qui, sconfiggendo le proprie paure, dovranno cercare di risalire in superficie. Il film, diretto dal regista australiano Alister Grierson, però ha un grande problema. Sì è vero che i soldi li ha messi tutti Cameron, ma di mister Avatar, pur avendo messo il suo nome in bella mostra su tutte le locandine, nelle quali è praticamente ignorato il nome del regista, non c’è nulla. Era difficile scrivere una storia più banale di “Avatar” per puntare solo al cuore degli effetti speciali, eppure “Sanctum 3D” ci riesce. Quello che si dovrebbe capire è che non basta avere un 3D eccellente, se poi la sceneggiatura sembra scritta da un ragazzino delle scuole elementari. Anche se girato con la celeberrima Cameron/Pace Fusion 3D Camera System, quella di “Avatar” per intenderci, il film di Grierson ha solo il merito di ricalcare la terza dimensione di Pandora, per il resto annoia, annoia e… annoia! Da sbadiglio tutti gli interminabili 109 minuti di claustrofobica azione. Almeno nei suoi film Cameron è sempre riuscito a dare alla gente un motivo per andare al cinema. Tutti i soldoni incassati al botteghino worldwide del resto non sono frutto del caso, ma di un lavoro volto a cercare di realizzare il film più “generalista possibile”. Con questo ultimo termine, tanto caro alla tv, intendiamo quel tipo di pellicole che riescono ad interessare il più vasto pubblico possibile: ragazzine urlanti per il fustacchione di turno, ragazzini con l’acquolina per gli effetti speciali, amanti del cinema, dato che ogni volta l’opera deve rivoluzionare il mondo del cinema. Dunque lasciando per un secondo fuori Cameron dalla discussione, non c’è alcun motivo per vedere “Sanctum 3D”. Perché si dovrebbero spendere 10 o più euro per un prodotto che ne vale meno della metà? Se non volete credere a quello che c’è scritto qui, possiamo sempre portarvi come esempio i dati ufficiali del botteghino americano: 9.225.000 di dollari nel primo week end di programmazione, se non è una sconfitta poco ci manca. Certo il signor Cameron anche in questo caso ha avuto l’occhio lungo: ha staccato un assegno di soli 30 milioni di dollari, che sicuramente saranno azzerati con gli incassi di tutto il mondo. L’unico motivo per cui il papà del Titanic si è dedicato con tanto zelo a questo film è per l’ambientazione. Perché non far provare ad altri le proprie tecnologie sotto l’acqua? Giusto per vedere se le immagini sono all’altezza, senza metterci la faccia subito! Come sapete infatti i prossimi “Avatar 2” e “Avatar 3” saranno quasi sicuramente ambientati nell’acqua. Sono le prove generali. Certo il risultato per “Sanctum” è un film inutile e da evitare come la peste!

mercoledì 26 gennaio 2011

I FANTASTICI VIAGGI DI GULLIVER 3D: RECENSIONE

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Rob Letterman e Jack Black tentano, insieme alla 20th Century Fox, un'impresa non indifferente: cercare di attualizzare il romanzo “I fantastici viaggi di Gulliver” di Jonathan Swift. Per farlo, penseranno i cinefili più accaniti, hanno semplicemente aggiunto al titolo dell'omonima opera settecentesca la parola 3D e il gioco è fatto. Effettivamente ciò che lo spettatore si appresta a vedere al cinema non è molto più di quello che abbiamo scritto sopra, ovvero un tentativo, peraltro fallito, di portare Gulliver nel nuovo Millennio per poi spedirlo a Lilliput che, per qualche strano motivo, si trova nel triangolo delle Bermuda. Ma perché il tentativo è fallito? Semplice: perché Letterman e Black non sono la Disney (vedi “La principessa e il ranocchio” e “Rapunzel”) e, a parte qualche momento comico, il film non decolla mai e resta un'accozzaglia di situazioni semi-divertenti che dovrebbero far ridere e che forse faranno solo sorridere gli spettatori dal palato più rude. Era difficile rendere brutto il bellissimo romanzo fantastico di Swift, eppure Hollywood ce l'ha fatta, puntando tutto sul personaggio di Jack Black, che deve sollazzare a tutti i costi, e rinunciando ad una storia ben strutturata, come invece si dovrebbe sempre fare sul grande schermo. Come molti sanno, le avventure di Gulliver nel romanzo si svolgono in diversi luoghi esotici e magici: ovviamente nel film (e purtroppo non per ragioni di tempo) si predilige il più famoso, Lilliput. Si può trovare qualche elemento apprezzabile in mezzo a tutto questo “putridume” commerciale? Forse... peccato che però si rischierebbe di rovinare, con gli orrendi spoiler, le parti più piacevoli! Una sola annotazione: nello script ci sono delle reinterpretazioni di famose pellicole come “Titanic” e “Guerre stellari”, giusto per citarne qualcuna, e sono proposte note pubblicità con il volto del protagonista; imperdibile ad esempio, sullo sfondo di una scena, il faccione di Black sul fisico di Mark Wahlberg dei tempi che furono. Non aspettatevi un capolavoro nemmeno dal punto di vista della tecnologia: la terza dimensione è assolutamente inutile, se non per l'obiettivo primario di far lievitare il prezzo del biglietto. Insomma quasi certamente un'opera non memorabile e possibilmente da evitare!

martedì 14 dicembre 2010

LE CRONACHE DI NARNIA - IL VIAGGIO DEL VELIERO: RECENSIONE

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E alla fine Narnia natalizia fu! Arriverà infatti proprio in questi giorni nelle nostre sale il terzo capitolo della saga, tratto dai celeberrimi romanzi di Clive Staples Lewis, dal titolo “Le cronache di Narnia: il viaggio del veliero”. Ancora una volta, mentre è in corso la Guerra Mondiale, i fratelli Lucy ed Edmund Pevensie ritornano nel fantastico mondoportando con loro il cugino Eustace. Questa volta però il viaggio che dovranno affrontare i tre non sarà sulla terra ferra, bensì sul mare, dato che dopo aver incontrato il principe Caspian questi li condurrà sulla Dawn Treader, messa a disposizione da Aslan, il leone re di Narnia. Ovviamente durante il loro tragitto incontreranno draghi, sirene e mostri mitologici vari e affrontando persino un esercito di guerrieri perduti verso la loro rotta che è la fine del mondo. E fin quì la trama. Quello che purtroppo spaventa di queste saghe è che alla fine annoiano da morire lo spettatore. “Le cronache di Narnia: il viaggio del veliero” rimane praticamente una copia malfatta dei predecessori e, escludendo il primo film, anche un inutile prosecuzione di un viaggio che sicuramente questa volta naufragherà. Giusto per fare un paragone, il lavoro del regista Michael Apted assomiglia a “Harry Potter e il principe mezzosangue”, un po’ come a dire: “dobbiamo allungareil brodo in qualche modo, quindi beccatevi questa accozzaglia di scene e scenette in 3D!” Ovviamente in 3D. I due fratelli Pevensie sono finalmente adolescenti e tranne qualche momento “simpatico” si comportano in modo praticamente identico a quando erano dei bambini. Dunque il valore letterario del romanzo, non trova riscontro al cinema e forse, e non ci sembra nemmeno un azzardo tanto grande, questa sarà l’ultima volta che Ben Barnes et alii ritorneranno a Narnia. Da consigliare solo ai fan estremi.

venerdì 10 dicembre 2010

LE AVVENTURE DI SAMMY – IL PASSAGGIO SEGRETO: RECENSIONE

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Il regista Ben Stassen decide di accompagnarci nel magico mondo sottomarino con “Le avventure di Sammy – Il passaggio segreto”, una sorta di romanzo di formazione che racconta l’esistenza, precisamente 50 anni, della vita di Sammy e delle rocambolesche che lo portano a girare il mondo. Appena nato Sammy conosce Shelly, l’amore della sua vita, però la perde subito di vista; è ovvio che il suo obiettivo di vita da adesso in poi sarà ritrovarla, accompagnato da Ray, l’amico del cuore che dovrebbe essere il personaggio più comico del film (da sottolineare il “dovrebbe”). Assolutamente vietato ai bambini di età superiore ai sei anni, sicuramente è la pellicola perfetta per passare in tranquillità il giorno di Natale per le famiglie italiane. In pratica la storia pretende di essere un grande manuale per i bambini per far conoscere come si svolge la vita “In fondo al mar”: ovviamente l’intento del regista belga rimane deluso, dato che affronta la narrazione con una banalità disarmante. Pur avendo questi momenti alla National Geographic, Sammy vuole anche istruire a rispettare l’ambiente, in pratica è al fianco di Green Peace nella lotta a sostegno della salvaguardia delle balene (che potremmo anche non scomodare, almeno nei film). Quindi scopriamo che gli esseri umani stanno distruggendo il pianeta (ooh! Che novita!): riscaldamento globale, petrolio e catastrofi varie; peccato che nella pellicola viene detto troppo e affrontato poco. Stucchevoli, almeno per i più grandi, le lezioni di vita e le morali: il momento di bontà e di redenzione degli umani è terribile! Ancora peggiore di tutto questo, perché a volte affondare il coltello è piacevole, è il riferimento costante e scostante al capolavoro della Pixar “Alla ricerca di Nemo”: dai protagonisti ai personaggi secondari, dalle avventure alle singole scene/inquadrature. Certo è inutile dire che Sammy è un paio di gradini sotto al pesciolino pagliaccio. Qualcosa da salvare però c’è: la frizzante colonna sonora, solo per il fatto che è stata fatta la bellissima scelta di inserire solo grandi titoli da hit parade recenti (giusto per svegliare ogni tanto l’accompagnatore del piccolo spettatore!)

giovedì 25 novembre 2010

RAPUNZEL - L'INTRECCIO DELLA TORRE: RECENSIONE

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La Disney convola alle nozze d’oro insieme a “Rapunzel - l’intreccio della torre”, il cinquantesimo capolavoro animato sfornato dagli Studios, fondati dallo zio Walt, ormai quasi cento anni fa. La sera del 21 dicembre 1937, un perfezionista assoluto come Walt Disney realizzava il suo sogno: far debuttare una principessina pallida sul grande schermo. Il suo nome è Biancaneve, la protagonista del primo lungometraggio d’animazione nella storia del cinema. Oggi a distanza di 73 anni la magia, creata da quei fotogrammi, si rinnova grazie ai venti metri di capelli illuminati di Rapunzel. Dopo “La Principessa e il ranocchio”, la Disney re-interpreta un’altra favola classica, riadattando però magnificamente il tutto al gusto moderno, per non deludere le aspettative del pubblico dei nostri tempi. La Disney insomma è tornata a fare la Disney. Non potendo competere con le “cattive” vicende dalla Dreamworks, la storia punta tutto sullo stile fiabesco, come del resto ci si aspetta da uno script disneyano. Rapunzel è infatti un distillato di storia, un omaggio, una celebrazione del cartone Disney, come è anche giusto che sia date le circostanze di festa: 50 lungometraggi vanno festeggiati nel migliore dei modi. E in quest’opera (ri)troviamo tutti i temi tanto cari allo zio Walt. Si parte dal normale passaggio dall’adolescenza all’età adulta, attraverso la costruzione di un’identità, anche sessuale, tramite l’esperienza diretta, l’avventura. Ma non mancano nemmeno la voglia di libertà e soprattutto la ribellione ad una madre nastratrice di perfetta ascendenza disneyana. “Rapunzel” è un’esplosione di avventura e commedia, che non rinuncia alla parte musical, che ha reso la Disney diversa ed unica nel tempo. Nella versione italiana a prestare la voce ai due personaggi principali ci pensano il coriaceo e poliedrico Giampolo Morelli e una straordinaria Laura Chiatti - a cui verrebbe da dire, in linea con la magia del cartone: “Hai trovato la tua strada… non mollare il doppiaggio!” La pellicola realizzata da Nathan Greno e Byron Howard però è anche una rivincita sul 3D, nonostante la maggior parte dei cinema vi proporrà gli occhialetti. Per rivincita sul 3D, intendiamo la vittoria della matita sul computer. “Rapunzel – L’intreccio della torre” sfrutta magnificamente le potenzialità del digitale, però sempre avendo come base la mano umana e tanto olio di gomito. Del resto come non apprezzare l’animazione? Maximus, il cavallo segugio, sembra vero. Infine Rapunzel è Ariel, Quasimodo, Aladdin, Belle, Cenerentola, Biancaneve: insomma la nuova eroina ha dentro sé il background perfetto per permettere agli Studios di affrontare con il giusto ottimismo prima il botteghino e poi il futuro.

venerdì 19 novembre 2010

MEGAMIND: RECENSIONE

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All’inizio fu Shrek… poi sono venuti tutti gli altri! Che cosa si intende? Semplicissimo, dalla trasformazione di Fiona fino ai giorni nostri il mondo dell’animazione 3D preferisce il punto di vista del cattivo: ed ecco che anche in “Megamind” si tifa per il criminale. A distanza di poco più di due mesi dall’uscita di “Cattivissimo me” sarà nelle sale italiane un’altra pellicola con protagonista l’anti-eroe. Questa volta è un alieno blu con un testone enorme ed un’intelligenza superiore alla media. A pensarci bene, la storia è anche abbastanza originale. Megamind, fatto fuori Metro Man, suo acerrimo nemico, si ritrova a possedere Metròcity, con accento annesso per rispettare la pronuncia del protagonista. Che cosa può fare allora un super cattivo a piede libero? Darsi alla pazza gioia! Peccato che il divertimento termini nel momento esatto in cui si rende conto di non avere più prospettive di vita, più nessun obiettivo. Il passo successivo è quindi quello di crearsi un nuovo eroe, per riprendere l’eterna lotta tra il bene e il male e tornare a divertirsi. Il regista Tom MacGrath non sbaglia di nuovo e ci regala, proprio in vista delle feste natalizie, un altro gioiellino adatto sia ai più piccoli che ai più grandi, in cui risate e discorsi esistenziali riescono a coabitare con la grande maestria che il mondo del cartone animato moderno ci ha ormai abituato. Continua anche a migliorarsi la tecnologia occhialetti tridimensionali: ormai un classico per questo tipo di pellicole. La differenza sostanziale con, giusto per guardare in casa nostra, con le “Winx 3D” è che per “Megamind” il livello altamente tecnologico ha un motivo di esistere. Non si basa solo su cuoricini e stelline che trapassano lo schermo, ma dà un senso della profondità non indifferente (ai livelli di “Avatar” e "Il Regno di Ga'hoole", se cercate un paragone). Sono doverosi grandi applausi a tutto il cast inglese: Will Farrel, Tina Fey e Brad Pitt semplicemente perfetti, nelle parti di Mega Mind, la bella giornalista contesa e Metro Man. I tre attori regalano una prova comica di alto livello, decisamente meglio di altri colleghi doppiatori. Se poi non vi basta alla voce produttore esecutivo c’è Ben Stiller e a garantire la qualità del tutto ci pensa un certo Guillermo Del Toro. Insomma per ridere intelligentemente e far conoscere buon cinema ai propri figli, bisogna andarsi a sedere in sala il 17 dicembre per gustarsi “Megamind”.

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