“Tutto l’amore del mondo” è una commedia italiana… inutile girarci troppo intorno. Anzi, i personaggi sono le solite macchiette stereotipate come ti aspetti nella commedia italiana scritta, diretta ed interpretata per riportare le orde di dodicenni al cinema. Il film narra le vicende di Matteo (Nicolas Vaporidis) che, per salvare la libreria di famiglia, intraprende un viaggio attraverso il vecchio continente per scrivere una guida turistica per innamorati, insieme al fotografo Ruben (Alessandro Roja), che ha invitato un’amica (Myriam Catania) conosciuta su internet che, a sua volta, convince Anna (Ana Caterina Morariu) ad accompagnarla in questa avventura. L’idea alla base della storia, il raod movie, attraverso i luoghi romantici d’Europa, non è certamente il massimo dell’originalità: lui (Matteo) e lei (Anna) si innamorano, ma lei è la promessa sposa di un giovane rampollo della alta società. Visto e rivisto mille volte. Un viaggio che dovrebbe essere esistenziale, dove ognuno dovrebbe mettere in gioco se stesso, il proprio io, venendo a contatto con nuove realtà: anche se tutto questo è solo accennato e lo si può solo intuire. Le scenografie però sono meravigliose e fanno accettare gli episodi della struttura narrativa, a volte, a dir poco, “incredibili” (nel senso che molte delle cose che accadono non sono credibili e/o possibili e/o realizzabili: fate attenzione alle valigie!). Comunque è un viaggio attraverso mete affascinanti: la movida di Barcellona, il romanticismo di Parigi, la magia di Loch Ness e infine la sballatissima Amsterdam. La colonna sonora è invece perfettamente azzeccata: hit dell’anno scorso e canzoni originali di Michele Braga sono le giuste melodie per questa avventura. A spiccare nel cast sono gli attori di “vecchia data”: Montesano eRubini sono figure di padri improbabili dalla morali scontata (dare sempre una seconda chance oppure la vita è una mano fortunata a poker, tanto per citare Jack Dawson). Tratto da una pièce teatrale di Massimiliano Bruno (che ha curato anche la sceneggiatura), l’opera prima del regista Riccardo Grandi non è nulla di esaltante. Se il film ha un merito è quello di mettere nello spettatore la voglia di partire con lo zaino in spalla all’avventura, senza meta.
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