lunedì 8 novembre 2010

MINE VAGANTI: RECENSIONE


Presentato con successo al Festival di Berlino, “Mine vaganti” il nuovo film del regista turco, adottato dall’Italia, Ferzan Ozpetek, ritornato alla commedia, lascia piacevolmente sorpresi. C’è sempre la cattiva abitudine italiana di abbandonarsi alla caricatura dei personaggi secondari (tutte macchiette, purtroppo), eppure finalmente si assiste ad una pellicola che ha sulle spalle una scrittura originale di livello abbastanza elevato. È qui che si gioca il successo delle mine vaganti che attraversano lo schermo e il mondo creato da Ozpetek in una città di Lecce, moderna, ma ancora legata a valori che potremmo definire di Primo Novecento. Il tema alla base del film, che potremmo riassumere in un “Fai quello che ritieni giusto: sbaglia, ma sii felice”, non è certo di grande innovazione, ma è un ottimo spunto per una commedia, che ha come obbiettivo il divertimento. E Ozpetek, grazie soprattutto ad un fantastico Fantastichini, interprete perfetto di un padre padrone che non accetta il “virus” dell’omosessualità nella sua famiglia, e ad un’irriconoscibile e rossissima Elena Sofia Ricci, ci regala dei momenti di alta comicità. Bellissima la fotografia che porta alla luce, soprattutto nei primi piani, tutto il fascino dei volti delle attrici: dalla bravissima ed intesa Carolina Crescentini agli occhi profondi di una matura Nicole Grimaudo, passando attraverso le meravigliose espressioni di una signora del cinema italiano come Ilaria Occhini. Le disavventure dei membri della famiglia Cantone, proprietari di un pastificio, sono raccontate con leggerezza, con quel tipico modo di narrare di Ozpetek diviso tra bugie (l’omosessualità da tenere nascosta ai familiari), piccole ripicche (tra fratelli) e tragedie personali (quelle tipiche di ogni grande famiglia). Un ritorno indietro dunque per il regista, che con questo film ricorda “Le fate ignoranti”, quantomeno nella voglia di un racconto a più voci. Certo qui la famiglia è basata su legami di sangue e i protagonisti non la possono cambiare. Possono solo cercare di prendersi un attimo di respiro, fino a quando poi, tintinnando con il coltello sul bicchiere di cristallo, non riescono a dire quello che hanno dentro, ovvero la loro verità. Non volendo svelare i colpi di scena abbastanza originali, con “Mine Vaganti” si scopre cosa succede quando un bravo regista ha in mano una buona sceneggiatura. Una pellicola di sicuro successo al botteghino, che si spera non resti una “mina vagante” nel panorama (limitato!) del cinema italiano.

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