lunedì 8 novembre 2010

DONNE SENZA UOMINI: RECENSIONE


Un vento leggero di primavera sfiora il velo rigorosamente nero di una donna iraniana mentre annusa un fiore. Ecco l’immagine perfetta per descrivere il film “Donne senza Uomini”. Quest’opera prima della regista iraniana in esilio Sherin Neshat è un piccolo capolavoro visivo, girato interamente in Marocco, e narra, sullo sfondo della prima rivoluzione in Iran del 1953, le vicende drammatiche di quattro donne. La rivoluzione è vista attraverso la psicologia di Fakhri, Munis, Zarin, Faezeh intrappolate nei vincoli della società patriarcale degli anni ’50, che trovano la loro libertà all’interno di un onirico giardino a pochi kilometri da Teheran. Le inquadrature pulite ed evocative, che scorrono sullo schermo, sono tutte perfettamente studiate: dal primo all’ultimo minuto tutto si fa arte. In questo estetismo esasperato sul fotogramma, in cui è possibile intravedere la passione della regista per le installazioni video, Sherin Neshat trova il modo per raccontare (e criticare) la sua visione della politica del regime iraniano di ieri e (soprattutto) di oggi. Il film è molto lento, ma non annoia: la realtà macchiata dal sangue e dal grigiore delle scene della rivoluzione è in netto contrasto con i colori sgargianti e vivi dell’onirico giardino, un Eden immacolato che non vuole essere contaminato dalle intrusioni dell’esterno. È un mondo immobile, in cui si può respirare il profumo della libertà. Onirico e passionale! Purtroppo siamo sicuro che il film non verrà mai distribuito nel paese d’origine, a causa dei riferimenti in negativo verso l’attuale regime di Teheran.

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