mercoledì 23 marzo 2011

SUCKER PUNCH: RECENSIONE

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Zack Snyder ritorna ai suoi primi amori: il fumetto ed i videogame. Dopo essersi dedicato ai gufi de “Il regno di Ga’hoole – La leggenda dei Guardiani” tanto per sperimentare il 3D, l’eccentrico regista si tuffa in una storia tutta al femminile ritornando alle atmosfere della graphic novel. Le protagoniste sono cinque splendide “signorine” (si poteva scegliere un termine un po’ più moderno nella traduzione italiana? Sì, si poteva!), interpretate dalle meravigliose Emily Browning, Abbie Cornish, Jena Malone, Vanessa Hudgens, Jamie Chung alle prese con una storia (simil)psicologica, che si dirama su più livelli: dagli anni ’50 e ai teatri dell’epoca, fino ad arrivare ad un fantascientifico futuro, fatto di treni superveloci, bombe supersofisticate e gli immancabili androidi.
Baby Doll è ricoverata in un istituto di igiene mentale dal patrigno che intende farla lobotomizzare. Mentre si trova rinchiusa, trova un’unica arma di difesa: la ragione. Per questo si rifugia con l'immaginazione in una realtà alternativa, per pianificare una fuga.
Tra minigonne, tacchi e mitra, la vicenda, accompagnata da una superba colonna sonora, lo spettatore è introdotto nel solito immaginario di Snyder, del resto basta guardare solo i primi frame per capire che dietro la macchina da presa c’è l’autore di “300”. I primi dieci minuti della pellicola sono un autentico capolavoro di regia. Una prova di grande sensibilità, in cui tutto è raccontato attraverso immagini e musica; uno dei pochi momenti in cui forse Snyder punta alla sceneggiatura, più che sulla spettacolarità delle scene. Del resto sono proprio le scene spettacolari ad averlo reso celebre nel mondo dorato del cinema e anche “Sucker Punch” ne è saturo. Certo qui gli epici spartani, sono addolciti dal trucco, dalle ciglia finte e dagli ammiccanti corpi.
Certo le pecche a livello della narrazione sono evidenti. Ma a Snyder nessuno,  con un po’ di senno, può chiedere di raccontare una storia con personaggi dalla psicologia complessa. Ancora il regista è fermo alla lezione uno dell’allenamento che recita: “hai dentro di te tutto il necessario per vincere!” Credete sia retorico? Allora, abbandonate la sala tre minuti prima della fine.

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