mercoledì 23 marzo 2011

GRAN TORINO: RECENSIONE

Postato anche su Voto10... 

È possibile realizzare film di successo e di ottima qualità uno di seguito all’altro? Certo, se il tuo nome è Clint Eastwood con la macchina da presa puoi fare quello che vuoi! Dal 2003, anno di “Mystic River” al 2008 anno di “Gran Torino”, il regista non ha sbagliato un colpo, confermandosi uno dei grandi autori del cinema mondiale ancora in attività.

Per la sua ultima volta sul grande schermo da attore, Clint Eastwood sceglie una storia drammatica, di solitudine dai forti risvolti morali. Walt Kowalski (cognome che omaggia il brutale protagonista di “Un tram che si chiama desiderio”) è un reduce della guerra di Corea, di carattere burbero e spavaldo, con un’unica passione: la sua Ford Torino, modello classico del 1972, da lui stesso realizzata in catena di montaggio, custodita gelosamente nel suo garage. Walt è un patriota convinto, ma il suo quartiere è diventato il principale centro suburbano della comunità Hmong, gruppo etnico asiatico della Cina del Sud. Il caso lo porterà a far amicizia con il giovane Thao, importunato dalla banda criminale del cugino. Le convinzioni di Walt sul suo razzismo cominciano quindi a sgretolarsi piano piano fino alla memorabile risoluzione finale. 

Il film ha la capacità di mettere in risalto i lati oscuri dell’anima di un uomo, che trova la sua salvezza negli affetti veri e nell’amore, questa volta ritrovati, non nella famiglia di sangue, ma nell'amicizia con uomini e donne appartenenti ad una cultura estranea all'Occidente. Attorno a Walt girano ed agiscono tutti i personaggi, dal giovane prete, al barbiere, ai suoi stessi figli, in un vortice di colpa/perdono che avvolge tutto, come già successo in "Mystic River" o in "Changeling". Nel protagonista sono impersonificate tutte le contraddizioni della grande America: sempre dalla parte giusta (anche in guerra), bigotta, religiosa, aperta a tutte le razze, ma solo se non sono i vicini di casa, creatrice e miracolosa. Stranamente la vicenda è raccontata in modo lineare, ma sempre con la consapevolezza di chi il cinema sa farlo bene, benissimo. 

“Gran Torino” rimarrà nella storia del cinema come una delle pellicole più belle di Clint Eastwood. Da non perdere!

2 commenti:

  1. concordo: un grande film drammatico
    meritava l'Oscar; ma Clint l'aveva già avuto (Million dollar baby) e premiarono quel furbetto di D. Boyle

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  2. una cosa che non sopporto degli Oscar, che non premiano mai il migliore... cercano di rimediare agli errori degli anni passati... l'anno di the millionaire c'erano in lizza altri 4 film superbi... ma era il periodo del politically correct verso il 3° mondo...

    Poi fu scandaloso che Gran Torino uscì a marzo,,, subito dopo gli Oscar proprio per evitare una sua possibile candidatura... Ma clint è clint... e si deve venerare... :D

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