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Presentato l’anno scorso in Laguna nella sezione “Giornate degli autori”, arriva in sala questo fine settimana il lungometraggio “Et in Terra Pax”, diretto a quattro mani da Matteo Botrugno e Daniele Colucci. Nell’estrema periferia romana si intrecciano, per poi ricongiungersi, tre storie parallele che hanno come filo conduttore la droga e la microcriminalità urbana.
Marco, dopo cinque anni passati in carcere, torna a casa sforzandosi di cercare una vita normale e lontana dai traffici illeciti che avevano causato il suo arresto. Sonia, studentessa universitaria, lavora nella bisca di Sergio. Il suo tentativo di studiare e di rendersi indipendente economicamente viene vanificato dalla dura realtà che la circonda. Infine Faustino, Massimo e Federico, diversi in tutto ma costretti ad ad essere amici, si trovano invischiati in una serie di eventi concatenati che li porteranno a scontrarsi con la dura realtà della strada.
La pellicola è un omaggio al primo Pasolini, una sorta di “Accattone” moderno, in cui il cinema italiano trova nuova linfa vitale. Infatti questo lavoro è figlio diretto della buona volontà da parte dei giovani autori, attori, sceneggiatori, montatori italiani che non si piegano alla schiacciante, mercificante e soffocante macchina dello show business. “Et in Terra Pax” nasce dalla voglia di raccontare un mondo del cinema diverso da quello che costantemente i grandi distributori e i grandi produttori cercano di abbindolare all’ormai ubriaco pubblico italiano. Tra l’altro il film è di ottima fattura sotto tutti i punti di vista, con suggestioni che richiamano “L’odio” Kassowitz e nel finale (ma anche nel modo di narrare) il miglior cinema proveniente da Hong Kong (nessun azzardo a paragonarlo ai primi film di Wong Kar-wai).
Raramente si esce dalla sala applaudendo ad un buon lavoro italiano e per questo è quasi una necessita morale (soprattutto chi si professa cinefilo!!!) recarsi al cinema per ammirare questo gioiellino.
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