martedì 9 novembre 2010

FISH TANK: RECENSIONE


Con questa pellicola la regista Andrea Arnold, vincitrice del Premio Oscar nel 2005 per il Miglior Cortometraggio, ci trasporta nella provincia inglese per raccontarci la miseria, il degrado e la desolazione delle periferie delle città moderne. “Fisk Tank”, vincitore del Premio della Giuria del Festival di Cannes 2009 e del Riff Awards 2010, cerca di dare a queste piccole realtà una sorta di riscatto “poetico”. La pellicola racconta le vicende di Mia, una quindicenne inglese dall’adolescenza difficile e con una passione smisurata per l’hip hop. La vita di Mia subirà una svolta quando uno degli amanti occasionali della madre, Condor, comincerà a credere nelle sue doti, spingendola ad inviare unvideo per un’audizione. L’innamoramento nei confronti di un uomo più grande, che crede in lei, è inevitabile. A differenza dei più colossali “Step Up” & co., la pellicola della Arnold scava a fondo nella psicologia dei personaggi, soprattutto quello della protagonista, non rimanendo nella superficialità del cinema per teenagers. Il film, grazie alla dovizia dei particolari con cui racconta questo spaccato della società moderna, si inscrive in quel filone del cinema sociale britannico che cerca di rintracciare una speranza e donare la gioia di andare avanti anche nelle situazioni più disparate. Il tutto è supportato da una buona regia, con molta macchina a spalla e volutamente sporca, che ricorda molto il Jonathan Demme di “Rachel sta per sposarsi” e in qualcosina (vedi colonna sonora volutamente registrata in presa diretta) anche Lars Von Trier. E fin qui le note positive! Purtroppo la pellicola rivela delle mancanze a livello di sceneggiatura, nonostante gli splendidi dialoghi intenzionalmente scurrili; se la prima parte del film sembra spiccare il volo lasciando immaginare grandi cose, sul finale precipita bruscamente al suolo scadendo nella banalità e nell’ovvietà. È il personaggio di Condor (lo statuario Michael Fassbender) a venir trattato più “superficialmente”: sarebbe dovuto essere il perno dell’azione ma finisce per risultare “affrettato” (come le sue azioni) e poco strutturato. Discutibile anche la scelta del formato: il televisivo 4:3, rispetto al più cinematografico 16:9. Applausi infine per l’attrice che interpreta Mia, Katie Jarvis, perché la sua disinvoltura davanti alla macchina da presa, le consentiranno di avere un futuro roseo nel mondo della celluloide.

Nessun commento:

Posta un commento

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...