martedì 9 novembre 2010

BURIED: RECENSIONE


Ha studiato ed imparato bene le lezioni cinematografiche dei grandi maestri del passato il regista Rodrigo Cortés. Sì, perché il suo secondo lungometraggio “Buried - Sepolto” è un decalogo del cinema allo stato puro, che si ispira soprattutto ad Alfred Hitchcock, e ai grandi esordi di Spielberg e Scorsese. Inutile e superfluo raccontare l’esigua trama: Paul Conroy (Ryan Reynolds) si sveglia dentro una cassa di legno sepolto vivo e ha solo 90 minuti per capire come è finito lì dentro e soprattutto trovare un modo per riuscire a vedere di nuovo la luce del sole. Una sinossi davvero semplice, sviluppata in modo intelligente, creativo e assolutamente originale. Dimenticate (per favore!) “Kill Bill” e non accusate di plagio il film, che nel 2009 ha “soffocato” pubblico e critica al Sundance Film Festival. In molti hanno, troppo forzatamente, voluto paragonare “Buried” alla scena del film di Quentin Tarantino con Uma Thurman sepolta viva, eppure se proprio vogliamo trovare un illustre predecessore, sarebbe più corretto guardare agli episodi televisivi di “Alfred Hitchcock presenta”. L’opera è un concentrato di suspense, in cui, cosa rara al cinema, tempo della fabula e tempo dell’intreccio coincidono, come “Nodo alla gola”, giusto per ricordare qualche altra pellicola con queste fattezze. Non è un progetto semplice e nemmeno facilmente digeribile quello sviluppato da Cortés e la sua troupe, anche perché non è stata utilizzata nessuna tecnica “innovativa” per le riprese: tutto quello che si vede sul grandeschermo è avvenuto davvero (niente green screen, insomma!). Ma il regista riesce a creare un mondo in uno spazio ristretto per l’unico attore sulla scena, costretto a muoversi in un set angusto. Il film gioca con l’ingegno grazie soprattutto ad una grande sceneggiatura, che punta sempre al rialzo, essendo piena di entusiasmanti colpi di scena. Se si vuole proprio trovare qualche difetto, c’è una fine un po’ scontata e qualche “disavventura” di troppo, giusto per allungare un po’ il brodo di qualche minuto. Semplicemente geniale invece la scelta di non mostrare mai alcuna immagine del mondo esterno: tutto è dentro questa maledetta bara, così da creare perfetta empatia tra lo spettatore e Paul. Infine applausi, applausi (e ancora applausi!) per Ryan Reynolds che finalmente dimostra di non essere solo mister Johansson. La sua interpretazione è semplicemente sublime, anche considerando le oggettive difficoltà in cui si è trovato a lavorare. Ultimo necessario consiglio: claustrofobici astenetevi dalle sale in cui proiettano “Buried”!

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