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Grand Piano di
Eugenio Mira è stato scelto come film di chiusura della 31 edizione del Torino
Film Festival e domani sarà proiettato dopo la consegna dei premi. La pellicola
può essere considerata una sorta di thriller psicologico ed esistenziale, in
cui il protagonista, interpretato da Elijah Wood, riceve ordini da una voce,
attraverso un auricolare, durante il concerto con il quale sta per ritornare
alla ribalta a cinque anni di distanza dalla sua ultima esibizione. Il problema
è che qualcuno è interessato più di Tom Selznick a questa sua nuova performance
e lascia sullo spartito un semplice messaggio: “Suona una nota sbagliata e
morirai”. Da qui comincia il dramma umano del giovane e talentuoso pianista,
che deve affrontare e la sua paura per il pubblico (dopo che cinque anni prima
aveva sbagliato tutte le note de La Cinquette, il brano impossibile) e la paura
della morte, visto che questo killer tiene sotto scacco lui e soprattutto la
moglie, una celebre attrice che sta assistendo al concerto.
Eugenio Mira cerca
in Gran Piano di sperimentare il più possibile e cerca di sperimentare qualche
cosa di nuovo per il suo film, cercando di creare tensione, nota dopo nota. Il
tentativo, fallito, è quello di creare un crescendo come durante un concerto,
mantenendo un profilo basso nei primi brani per poi aumentare l’intensità alla
fine. Il regista vuole trasmettere così
l’inquietudine dell’anima del pianista, incutendo timore anche allo
spettatore, non ci riesce in nessun momento. L’opera risulta quasi comica e, se
qualche trovata interessante è stata inserita qua e la nella sceneggiatura, si
tratta solo di richiami ad altri film dello stesso genere (un uomo comandato a
distanza da una voce che vuole ucciderlo) che già si sono visti più e più volte
sul grande schermo. Forse il difetto più grande errore è stato quello di essere
troppo citazionista: come non pensare immediatamente ai thriller di Brian De
Palma o non sorridere quando Elijah Wood si trova penzoloni sul tetto del
teatro, chiaro riferimento a Il Signore degli anelli?
Inoltre nemmeno
l’alone di mistero attorno al pianoforte, che nasconderebbe un segreto
miliardario, riesce a interessare più di tanto chi sta guardando il film, dato
che è abbastanza chiaro come andrà a finire il tutto. Inoltre sembra quasi
impossibile che un pianista di successo non si distragga nemmeno un secondo e
riesca a suonare alla perfezione, mentre un perfetto estraneo, che lo sta
minacciando di morte, si perde in lunghissimi monologhi, per spiegare al
pubblico la storia. Insomma Grand Piano, per non rimanere delusi, deve essere
preso per quello che è: un film che può far divertire per come è costruito, ma
che non “rimarrà nei libri di storia”, giusto per menzionare anche qualche
battuta del lavoro di Eugenio Mira.
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