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Chiunque abbia amato la trilogia de Il Signore degli Anelli,
dopo l’ultimo film aveva un pensiero: vedere trasportato sul grande schermo
anche quel romanzetto che è Lo Hobbit, prequel di una delle saghe letterarie
più amate di tutti i tempi. Ci sono voluti 8 anni dall’uscita in sala del terzo
capito del Signore degli Anelli per far sì che Peter Jackson potesse realizzare
il sogno di girare anche le avventure del giovane Bilbo Baggins. Sì, perché Lo
Hobbit, come molti sapranno, altro non è che il racconto di come Bilbo abbia
aiutato i nani a riconquistare il loro territorio e di come, sempre questo
hobbit, abbia ritrovato l’anello del potere.
Peter Jackson, che all’inizio voleva solo essere produttore
del film, si è ritrovato nuovamente a dover immergersi nello scenario incantato
della Terra di Mezzo, per far diventare immagini quello che è da molti
considerato il più bel romanzo per ragazzi del secolo scorso. Romanzo per
ragazzi, appunto! Chi infatti va a vedere Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato
deve partire fondamentalmente da questa premessa, perché quando J.R.R. Tolkien
decise di scrivere le avventure di Bilbo aveva il cuore più leggero rispetto
all’epopea de Il Signore degli Anelli. Del resto anche la bibliografia
tolkeniana subisce una esclation: se Lo Hobbit è un romanzo per ragazzi, il
Signore degli Anelli è un romanzo per adulti, mentre il Silmarillon, essendo
mitopoietica, è un “romanzo” per studiosi letterari ed appassionati di Tolkien.
A Peter Jackon è quindi toccato l’ingrato compito di girare
Lo Hobbit dopo aver affascinato il mondo con Il Signore degli anelli e quindi
era quasi inevitabile che, chi si attendeva la stessa epicità della trilogia,
sia rimasto deluso. Eppure Peter Jackson ha compiuto davvero dei miracoli: 1) è
riuscito a fare di un libriccino, altri tre film e 2) è riuscito a rendere
omogenei questa nuova trilogia con quella passata. Ciò che fa Peter Jackon e la
sua fortissima squadra di collaboratori è molto semplice: riportarci indietro
all’inizio de La compagnia dell’Anello, quando Bilbo Baggins ci sta spiegando
cosa sono gli Hobbit e da lì, senza soluzione di continuità, inizia il nuovo
racconto, con rimandi più o meno espliciti a ciò che succederà nel futuro (che
noi già conosciamo!).
Peter Jackson poi non si è accontentato. Nel momento in cui
Guillermo Del Toro ha abbandonato il timone della regia, Jackson ha sì
accettato con entusiasmo ma ha deciso di rischiare, provando e mostrando al
mondo che esiste anche una nuova tecnica per girare un film a 48 fotogrammi al
secondo, quindi velocizzando la classica visione cinematografica di due volte,
dato che convenzionalmente un secondo equivale a 24 frame. L’inizio è
spiazzante. Che cosa sto vedendo, si potrebbe pensare. L’occhio di qualsiasi
spettatore non è abituato a tanta frenetica al cinema e quindi si rimane
davvero intontiti e si ha desiderio di abbandonare la sala. Ma questa sensazione
di disagio, tipica di quando ci si trova di fronte a qualcosa che non si è mai
vista, sparisce subito, quando l’occhio si abitua e quello che resta dentro è
la meraviglia, forse (e vogliamo esagerare!) la stessa meraviglia che hanno
avuto i primi cine-spettatori dei fratelli Lumiere. Con i 48 fotogrammi al
secondo il 3D, tanto amato in questi ultimi anni dai registi, cambia
completamente veste: da scuro diventa finalmente luminoso e rende il racconto
cinematografico ancora più reale, vicinissimo alla percezione dell'occhio umano. La genialità di Peter Jackson sta forse anche
in questo, nel rendere reale ciò che in realtà reale non è, dato che siamo pur
sempre di fronte ad un film fantasy, genere che senza la trilogia de Il Signore
degli Anelli, forse oggi non avrebbe tutto questo spazio né al cinema né nelle
serie televisive.
Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato è un esperimento,
una novità che è perfettamente riuscito. Il racconto può subire dei bruschi
rallentamenti in molte parti, ma in fin dei conti come possiamo giudicare un
lavoro ancora incompleto? Già perché non ci dimentichiamo che questo non è
altro che il primo capitolo di una nuova saga che si concluderà solamente
nell’estate del 2014. Quello che è certo è che, come per Il Signore Degli
Anelli, dopo la trilogia de Lo Hobbit, Hollywood non sarà più la stessa!
E lasciamoci così... con la canzone dei titoli di chiusura, cantata da Neil Finn dal titolo "The Song of Lonely Mountain":
Concludo il tutto con la MINIRECENSIONE pubblicata anche sulla pagina facebook Mini Movie Review e sull'account Instagram sempre di Mini Movie Review:
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