“Keep the Lights on”, presentato ieri in concorso al 27 Torino GLBT Film Festival, è il film che ha vinto il premio Teddy Award, riservato alla miglior pellicola a tematica gay, alla Berlinale del 2012. Applaudito a Berlino, il film di Ira Sachs, con protagonisti Thure Lindhardt, già visto nel capolavoro “Brotherhood”, e Zachary Booth, presente ieri sera a Torino, racconta la storia di Erik e Paul, conosciutisi per caso in una linea telefonica erotica, che si concedono una notte di sesso sfrenato. Quella che però doveva essere solo l’avventura di una notte si trasforma immediatamente in una affinità che porterà i protagonisti a scontrarsi con le proprie ossessioni. Sì, perché Ira Sachs, già vincitore del Sundance nel 2005 con “Forty Shade of Blue”, questa volta indaga sull’ossessione degli esseri umani.
Prendendo come spunto un trentenne che sogna di fare il regista, facendosi finanziare i film dal papà, e un giovane editor di successo, il regista di “Keep the Light on” porta a galla tutte le manie dei protagonista, con uno sguardo impietoso e mai indulgente. I tormenti continui di Erik e Paul sono raccontanti in un arco di tempo molto lungo, in una New York prima dell’ 11 settembre 2001 (la storia comincia nel 1998) fino al 2006, con intervalli di tempo di circa due anni tra un episodio ed un altro. Tutti sembrano ossessionati: Erik è ossessionato da Paul, Paul è ossessionato dalla droga e la loro relazione all’inzio così stabile diventa sempre più incerta. Consapevoli di farsi del male a vicenda, il film racconta di come, nella società moderna, nessuno voglia essere felice, rifiutando la serenità anche quando le si presenti più volte davanti.
Tra le pecche del film si possono citare delle lunghissime e forse inutili sequenze che avrebbero certamente reso più snella e coinvolgente la narrazione. Sachs comunque riesce comunque a raccontare una storia moderna, di sesso, con sguardo lucido e disincantato.
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